La lotta contro i falsi mette tutti d’accordo: istituzioni e commercianti sono uniti in questa battaglia, tanto da aver firmato il Piano Nazionale per la Lotta ai falsi, presentato a Milano in occasione degli Stati Generali per la Lotta alla Contraffazione.
Si tratta di un documento al quale hanno lavorato anche 11 ministeri e 150 associazioni di categoria, che ha portato all’individuazione delle priorità e delle aree degli interventi.
Diana Bracco, vicepresidente di Confindustria e presidente di Expo 2015, ha dichiarato: “Dietro il Piano c’è un grande lavoro di coordinamento che ha messo insieme tutti gli attori che convergono su questo importante tema. La contraffazione è una penalizzazione della capacità ideativa del nostro sistema ed è quindi una sottrazione di competitività al Paese“.
Le macro aree di intervento individuate sono sei, alle quali lavorano 13 commissioni tematiche che operano nell’ambito della Cnac, Consiglio Nazionale Anticontraffazione: comunicazione e informazione; enforcement; rafforzamento del presidio territoriale; formazione alle imprese; lotta alla contraffazione via internet e tutela del Made in Italy da fenomeni di usurpazione all’estero.
A questo proposito, sembra particolarmente urgente la tutela della proprietà industriale, perché, se gli italiani, da una parte, si distinguono per creatività, dall’altro ancora non sono in grado di tutelarsi a dovere.
A questo proposito, Loredana Gulino, direttore generale di DG lotta alla contraffazione – Uibm del Mise, ha affermato: “Occorre cambiare la cultura della imprese. Insegnare loro ad utilizzare in maniera strategica gli strumenti di tutela della proprietà industriale“.
La contraffazione produce un giro d’affari annuo di 6,9 miliardi di euro e un mancato gettito fiscale di 1,7 miliardi e , solo nel comparto moda/tessile, incide per circa un terzo del fatturato. Per non parlare dell’usurpazione dei marchi, denunciata da Mario Boselli, presidente della Camera Nazionale della Moda Italiana, che chiede di allargare il raggio d‘azione “dalla lotta alla contraffazione alla affermazione della legalità anche in termini di brevettabilità“.
Una grave mancanza, soprattutto tra la piccola e media impresa, è la mancanza quasi totale della cultura del brevetto, esistente, invece, ad esempio, negli Stati Uniti e in Giappone: “Alcuni grandi brand italiani ed europei poi, se da una parte si dicono d’accordo sulla diffusione del marchio, dall’altra delocalizzano le loro produzioni mantenendo, di italiano, soltanto il nome“, spiega Maurizio Casasca di Confapi.
Ma per cambiare la mentalità degli italiani, che acquistano capi contraffatti per risparmiare e illudersi di avere capi uguali a quelli firmati, è necessario lavorare sulla comunicazione, come ha ammesso Giovanni Fava, presidente della commissione parlamentare d’inchiesta sulla contraffazione e la pirateria in campo commerciale: “Occorre fare un salto culturale. Occorre, cioè, far comprendere a cittadini e consumatori che la contraffazione è un fenomeno criminale a pieno titolo e che non solo danneggia i diritti dei produttori ma contribuisce ad alimentare il giro d’affari delle grandi organizzazioni criminali“.
Vera MORETTI