di Davide PASSONI
Sarà che in Italia nulla è più duraturo del temporaneo, fatto sta che esiste una professione – guarda caso non regolamentata – che con il perdurare della crisi economica e l’evolversi delle esigenze “manageriali” delle aziende assume sempre maggiore valore, ma che pochi conoscono. Si tratta del temporary manager, professione le cui istanze sono sostenute e difese da ATEMA, l’Associazione per il Temporary Management. Quattro chiacchiere con la presidente Paola Palmerini, aiutano a capire perché un manager temporaneo non è “figlio di un dio minore” rispetto ai colleghi “stanziali”.
Libere associazioni professionali: quale futuro alla luce della prossima riforma delle professioni?
Il disegno di legge 3270 è frutto di un grande lavoro eseguito dal CoLAP, con il quale ATEMA ha sempre cooperato, in particolare con il comitato scientifico, presieduto da Angelo Deiana. Si comincia finalmente – mediante il riconoscimento delle professioni non organizzate in ordini e collegi – a riconoscere che esistono attività che sono vere professioni al di fuori di quelle regolate da ordini o albi. Il Temporary Manager è una di queste: una identità professionale che ATEMA ha contribuito a delineare nelle specificità e contestualità di applicazione nel nostro mercato, la cui qualificazione è promossa da ATEMA mediante un processo non autoreferenziale che funge da indirizzo per l’aggiornamento continuo del singolo professionista e da trasparenza e equità al mercato delle imprese che intendono usufruire del servizio di temporary management.
E per il temporary manager in particolare, quale futuro?
E’ un momento molto importante, un percorso iniziato già dalla legge 206/2007 della Comunità Europea alla quale come Associazione ci siamo adeguati, e per i TM: una figura professionale che diventa visibile anche in Italia, che è costituita da manager preparati a svolgere la professione del manager come liberi professionisti, generando valore economico nelle imprese indipendentemente dalla tipologia di contratto di lavoro con il quale il loro apporto è regolato. Siamo consapevoli, e ATEMA è in questo impegnata, che ciò implica competenze, abilità, formazione continua, multidisciplinarità, merito e competitività professionale. Ma ciò rende anche trasparente e competitivo il mercato, ed anche in questo .
Qual è, oggi, l'”umore” dei vostri associati?
Dicono “finalmente!!!” se la legge sarà approvata, anche se l’umore oggi è più condizionato dalla situazione economica, dal lavoro sempre meno riconosciuto come valore economico in particolare nei servizi. Riconoscono l’impegno che ne consegue sia personale che della associazione, ma credo vedano cominciare ad aprirsi spiragli di maggior applicazione del temporary management. Il problema: le culture – imprenditore e manager esterno – che devono imparare ad avvicinarsi, trovare sinergia nella distinzione di responsabilità e di abilità, nella esecuzione di un progetto comune per l’azienda. ATEMA ha sviluppato su questo una specifica formazione sia per imprenditori che per manager. Attraverso un networking sempre più di contenuti, ATEMA ha poi generato possibili contatti con nuovi soci che vengono dai Paesi in cui il temporary management è normale professione manageriale, come Regno Unito e Usa, ha generato la possibilità di incontro tra soci che hanno creato nuove imprese, ACTISS Italia ne è un esempio (opera nel campo delle risorse umane e consulenza per temporary manager e imprese) e altre in campi di servizi o industriali.
Temporary manager: che cosa caratterizza la professionalità dei vostri associati?
Sono buoni, anzi devono essere ottimi manager – perché lavorano con tempi e condizioni di solito di emergenza, si pensi al turnaround, o di start up, le quali non devono durare come start up in eterno… altrimenti addio reddittività ordinaria. Sono Liberi Professionisti, e quindi marketing, commerciale si deve affiancare alle capacità gestionali e di problem solving, e perché no anche a quelle di natura imprenditoriale, quindi assunzione di rischi, sapendoli valutare. Tutte queste ed altre sono oggetto del ns processo di qualificazione della professione del temporary manager.
ATEMA fa parte del CoLAP: che cosa significa per voi avere un coordinamento che rappresenta le vostre istanze?
E’ stato fondamentale, sia per la forza di impatto quantitativo che da soli – in un mercato ancora così lontano dall’anglosassone nel tema del temporary management – non avremmo avuto la forza, sia per aver favorito, e oggi credo ancor più, le alleanze tra associazioni: fattore determinante a mio parere per il prossimo futuro. E poi si è fatto squadra, e credo sia significativo oggi più che mai.
Perché in Italia il corporativismo è così forte, a suo avviso?
Rendita di posizione, forti personalismi ed interessi, anche non sempre palesi conflitti, difficoltà nel ricercare conciliazioni (win-win) rispetto ad una più facile e meno complessa gestione del mantenimento dello status quo, scarsa propensione a guardare oltre il proprio confine e interpretare bisogni delle comunità civili.
Qual è, per voi, la strada per “contare di più”?
Non c’è dubbio: avere il riconoscimento da Istituzioni e mercato (quindi le norme e la comunicazione) della professione del temporary manager e della Associazione (siamo l’unica aggregazione in forma Associativa regolamentata, che da tempo promuove il temporary management e da prima del 2007 rappresenta secondo le regole della legislazione in vigore la identità della professione del temporary manager). Abbiamo da poco incontrato UNI per avviare il nostro gruppo di lavoro per la norma tecnica della professione temporary manager. Ovviamente il numero degli iscritti, non solo per la rappresentanza, ma ancor più per la qualità del confronto e la cooperazione che deve essere il più ampio possibile per una professione così trasversale.
Poi?
Infine, ma non ultimo, la cooperazione con le Imprese e le aggregazioni, associative e non, di impresa: il valore del temporary management è una grande forma di flessibilità e progettualità, senza perdere in qualità professionale e del servizio, anzi!