Concludiamo la nostra settimana dedicata alle libere associazioni professionali con un focus dedicato ai manager professionisti e alla managerialità vista in chiave più trasversale: abbiamo intervistato Vincenzo Acquaviva, Presidente di Federmiddlemanagement, l’associazione nata quasi 20 anni fa come ItalQuadri, allo scopo di raccogliere e valorizzare le figure di quadri e alte professionalità.
Libere associazioni professionali: quale sarà il vostro futuro alla luce della prossima riforma delle professioni?
Se questa legge molto imperfetta passerà, le associazioni dovranno assumere un ruolo diverso: prima di tutto aiutare tutte le associazione che ne fanno parte a soddisfare gli standard della legge stessa, ma dall’altra parte le libere associazioni si dovrebbero trasformare in qualche modo. Se fino ad oggi sono state un luogo di pressione nei confronti della politica perché venissero discussi e affrontati certi argomenti, adesso occorre cambiare ‘attrezzatura’. La riforma nasconde però anche un grosso rischio: se la legge vale per tutti e ciascuno la può fare senza bisogno di nulla, il rischio di un impoverimento di coordinamenti e associazioni esiste, ed è reale. Le associazioni non potranno più essere basate unicamente sulla soddisfazione dei bisogni della certificazione, ma occorre fare il passo successivo. Con questo non intendo la nascita di nuovi ordini, ma occorre pensare piuttosto a come aumentare la qualità delle prestazioni all’interno delle varie associazioni, stando attenti a non cadere nella trappola dell’Uni. Sarà necessario poi lavorare sulla qualificazione dei vari livelli, e come terzo punto occorre capire come puntare sulla certificazione delle professione.
Qual è, oggi, l'”umore” dei vostri associati?
I nostri associati hanno una visione politica, la nostra età media è abbastanza bassa, ci sono pochissimi pensionati, a differenza delle altre associazioni. Per noi tutto ciò che migliora e punta a rompere certi schemi viene visto in maniera positiva, per noi è una soddisfazione per il cambiamento un passo per andare verso una maggiore tutela della professionalità. Tra i nostri associati ci sono anche molti iscritti agli albi professionisti, come architetti, ingegneri, e sono critici nei confronti degli albi professionali, ne vedono i limiti e questo cambiamento indica davvero una strada e una direzione verso la quale andare, ossia diventare davvero europei, come accade ad esempio nei Paesi Anglossasoni, dove gli ordini non esistono ma ci sono associazioni fortissime che costringono a tenersi costantemente aggiornati, a rispettare determinati standard, pena l’esclusione. In Italia non mi risulta che gli ordini siano così severi. Quindi il cambiamento dovrebbe portare a un miglioramento, come la concorrenza migliora il mercato.
Quadri e altre professionalità: che cosa caratterizza la professionalità dei vostri associati?
Noi siamo un’associazione orizzontale, non verticale come le altre e rappresentiamo una situazione un po’ anomala rispetto alle altre associazioni iscritte al Colap. Praticando trasversalmente tutte le attività, siamo nella condizione di vedere in maniera diversa dagli altri, più trasversale, quali siano i problemi che devono essere affrontati Questo perché non puntiamo alla qualificazione dei nostri iscritti, perché sono troppo variegati, quindi siamo portatori di una visione diversa. I parametri su cui noi lavoriamo come associazione sono la managerialità, intesa nel senso anglosassone di capacità di risoluzione dei problemi, presidio dei processi, gestione di budget e personale, managerialità che si esplica in tutti i campi, sia nel mondo dei dipendenti che dei consulenti. Questo mix permette di confrontare idee, di creare sinergie, di spingere al cambiamento.
Federmiddlemanagement fa parte del CoLAP: che cosa significa per voi avere un coordinamento che rappresenta le vostre istanze?
Stare nel CoLAP per noi come associazione ‘orizzontale’significa avere contatti con le associazioni più ‘verticali’, che permettono la tutela della professionalità specifica e tecnica del singolo associato. Il rapporto con altre associazioni ci permette di ‘passare’ i nostri iscritti per il miglioramento della professionalità specifica di ciascuno, ma anche di avere contatti con chi è bravo in quel campo, di poter usufruire di una formazione continua. Da qualche tempo abbiamo iniziato una mappatura delle professionalità raccolte entro la nostra associazione, e per le 2 o 3 più significative abbiamo cominciato a prendere contatti con le associazioni specifiche: per gli esperti di marketing ad esempio siamo riusciti a creare una sinergia con l’ADICO, associazione più specifica che fa sempre parte del CoLAP.
Se un professionista è già iscritto ad un albo professionale, qual è la ragione che lo spinge a iscriversi ad un’associazione come la vostra?
Faccio un esempio: se un ingegnere iscritto all’albo si ritrova a ricoprire la posizione di quadro, nel reparto gestione e controllo all’interno di una grande azienda, avrà bisogno non solo dei crediti formativi che gli fornirà il suo albo, ma anche di contatti di tipo culturale, di servizi. La frase dell’altro giorno del Presidente Monti che ricordava come la sanità pubblica debba essere ripensata, la si traduce con ‘ognuno di noi cominci a pensare a una polizza assicurativa personale o integrativa’. Quindi il senso è proprio questo: l’iscrizione ad un’associazione come la nostra deve essere vista come una possibilità o necessità complementare, a seconda dei bisogni. Occorre cominciare ad offrire un mix di professioni e servizi entro cui il professionista possa scegliere cosa che lo aiuta a lavorare, e a vivere meglio. Un mix virtuoso che permetta anche di superare il dualismo tra albi e associazioni.
Perché in Italia gli albi professionali e il corporativismo sono così forti, a suo avviso?
Propongo due riflessioni: il provvedimento sull’obbligatorietà della media conciliazione e il ruolo svolto dall’ordine degli avvocati, che ne hanno svuotato completamente i punti di forza perché hanno letto nel provvedimento una diminuzione delle loro capacità e possibilità e quindi del loro mercato. La foRza degli albi professionali in Italia è presto detta: quanti avvocati siedono nel Parlamento italiano? A mio avviso per la soluzione non è attaccare gli ordini come ‘cattivi’ ma riuscire a far capire la politica, che però è interpretata molto spesso dagli stessi iscritti agli ordini, che è un errore. Noi continuiamo a parlare di Europa però l’Italia è l’unico Paese che porta avanti ancora il discorso degli ordini, mentre il modello anglosassone è oggi quello che viaggia in tutto il mondo: il famoso ‘tesserino’ all’estero non viene riconosciuto per la maggior parte delle professioni, quello che conta è la laurea, i voti, le esperienze maturate. Un giorno o l’altro capiremo anche noi che è necessario fare un passo avanti, o forse saranno gli altri a costringerci a farlo.
Qual è, per voi, la strada per “contare di più”?
Aumentare la capacità di far capire al sistema quanto sia importante la segmentazione delle professionalità, che potrebbe portare a costruire modelli diversi per ognuno, con una base unificata e unificante e con obiettivi che siano ‘alti’. Questo porterebbe le associazioni ad affrontare temi di etica e dare un significato più ampio alla parola ‘associazione’, sul modello anglosassone che significa pragmatismo, creazione della ‘rete’ che non è data solo dai numeri ma intesa come condivisione di azioni, in modo che altri come loro possano identificarsi nelle soluzioni. E’ una strada lunga, ma è l’unica da percorrere.
Alessia CASIRAGHI