In questo crepuscolo di 2012, le notizie sulla crisi e sulle famiglie in difficoltà si rincorrono senza sosta, facendoci sospirare il 31 dicembre nell’infantile speranza che da martedì 1 gennaio tutto cambierà. Illusi.
L’ultima, spietata fotografia dello stato nel quale versano le famiglie italiane l’ha scattata Bankitalia con il suo Bollettino statistico: secondo Palazzo Koch, la loro ricchezza netta nel 2011 ha subito un calo dello 0,7% a prezzi correnti e del 3,4% in termini reali. In cifre, alla fine dell’anno scorso il dato aggregato era pari a circa 8.619 miliardi di euro, ovvero circa 140mila euro pro capite e 350mila euro in media per famiglia. Cifre che fanno tornare indietro il loro “l’orologio economico” ai livelli di fine Anni Novanta. Secondo la Banca d’Italia, dal 2007 la riduzione è pari al 5,8%. Calo che, secondo stime preliminari, è continuato nei primi 6 mesi del 2012 con un -0,5% in termini nominali.
Quello che però sconcerta è la distribuzione totalmente squilibrata: alla fine del 2010 la metà più povera delle famiglie italiane deteneva il 9,4% della ricchezza totale del Paese, mentre il 10% più ricco deteneva il 45,9% della ricchezza.
Se ci può consolare, Bankitalia conferma la tendenza degli italiani (dei cittadini, non dei politici…) a essere formiche. Le famiglie del Belpaese possiedono infatti una elevata ricchezza netta che, nel 2010, era di otto volte il reddito disponibile, contro l’8,2 del Regno Unito, l’8,1 della Francia, il 7,8 del Giappone, il 5,5 del Canada e il 5,3 degli Usa.
Come sempre, affianca la forte propensione al risparmio delle famiglie italiane una debole propensione ai debiti: l’ammontare degli stessi è infatti pari al 71% del reddito disponibile, mentre in Francia e in Germania siamo a circa il 100%, in Giappone e negli Usa al 125%, in Canada al 150% e nel Regno Unito addirittura al 165%. Se i politici prendessero esempio dalle famiglie comuni, scommettiamo che i conti disastrati della povera Italia sarebbero molto migliori?