di Davide PASSONI
Federcomated è la Federazione Nazionale Commercianti Materiali da Costruzioni Edili. Una realtà non di secondo piano per chi lavora nel campo edile che, nel suo porsi a cavallo tra filiera produttiva e distributiva, ha una sorta di osservatorio privilegiato sull’intero settore e sulla crisi che lo sta mettendo in ginocchio. Ecco l’analisi lucida del suo presidente, Giuseppe Freri.
I numeri parlano da soli: la crisi del settore edile in Italia vale 72 Ilva. Perché c’è silenzio su questa strage? Condivide le analisi di Buzzetti?
Condivido il pensiero di Buzzetti e lo estendo a tutta la filiera delle costruzioni: dal progettista al costruttore, dal distributore all’utente finale. La situazione è molto difficile perché abbiamo zero investimenti nelle infrastrutture, zero nel nuovo, piccoli segnali per quanto riguarda il rinnovo e il restauro. Quando partecipo ai tavoli di Federcostruzioni sento tanta gente convinta che si debba fare qualcosa e anche noi, naturalmente, lo pensiamo. Tutti però parliamo da un anno senza aver trovato un’idea centrale per far muovere il governo.
Che non vi ascolta?
C’è stata e c’è poca sensibilità da parte del governo Monti verso il settore delle costruzioni. Vero, ci sono stati i bonus energia e ambiente, che vanno nella direzione giusta, ma sono una goccia nel mare nel contesto generale delle costruzioni. La situazione si sta aggravando indipendentemente dal caos politico di questi giorni: manca il “motore” di una politica con la P maiuscola.
E quindi anche voi soffrite?
Ne parlavo con il presidente di Confindustria Squinzi e con il presidente di Confcommercio Sangalli: anche se la situazione è drammatica, tanto sul fronte di chi non ha lavoro, quanto sul fronte delle imprese che hanno maestranze eccellenti che oggi non hanno nulla da fare, noi come distribuzione per 3 anni abbiamo retto e fatto fronte alla crisi.
Beh, meno male…
Soffriamo meno sotto l’aspetto dei volumi, ma molto sul fronte del credito: chi opera nella distribuzione ha difficoltà a riscuotere le fatture, se va bene ci riesce a 180 giorni. Soprtattutto chi lavora per il pubblico, che mette in difficoltà gli imporenditori che, alla lunga, sono costretti a portare i libri in tribunale.
Che cifre muove il settore dei materiali da costruzione, in Italia, “al netto” della crisi?
Sono circa 8mila punti vendita, con 70mila addetti e 20 miliardi di euro di fatturato annui.
Anche all’estero i vostri omologhi non sono messi benissimo…
Come Federcomated operiamo anche all’estero e vediamo che in altri Paesi, anche se duramente colpiti dalla crisi, la situazione non è come quella italiana: uno per tutti la Polonia, dove sono stato e dove sono rimasto impressionato dal fermento che c’è nel settore edile. L’Italia sconta l’assenza della politica, in 18 anni non c’è stata attenzione per dare infrastrutture vere al Paese, per cui chi produce i vari componenti – laterizi, sabbia, cemento, acciaio – è in forte difficoltà.
Com’è l’umore dei vostri associati?
Come Federcomated e Ascom territoriali posso dire che realizziamo molto, sia come lavori che come iniziative, ma che da parte dell’associato non sempre c’è la volontà di utilizzare gli strumenti che mettiamo a disposizione e questa è la mia amarezza. Dobbiamo lavorare molto, ma penso che ce la faremo. Credo che questa crisi porterà a una selezione in tutta la filiera, dalla quale usciranno i migliori, aspettando la ripresa per la metà del 2013. Lo dicono, speriamo…