Il XXXI Consiglio forense è stato inaugurato ieri a Bari da Guido Alpa, presidente del CNF, il quale ha voluto pronunciare parole quasi solenni: “L’Avvocatura è pronta a fare la sua parte per sostenere la democrazia solidale. Assicurare ai cittadini l’accesso ad una giustizia qualificata e celere a costi ragionevoli evitando vessazioni alle categoria disagiate”.
La situazione da lui disegnata è di estrema gravità, per la quale finora il Governo non ha preso decisioni in grado di cambiare rotta ma, al massimo, di limitare i danni.
Ha continuato Alpa: “L’Avvocatura può giocare un ruolo trainante nella nostra società, promuovendo il processo telematico, allestendo camere arbitrali, promuovendo ancor di più la consulenza sistematica e la negoziazione assistita. Se lo faremo con serietà, competenza e correttezza assumendoci le nostre responsabilità e pretendendo il rispetto delle nostre funzioni potremo dire di aver salvato la democrazia nel nostro Paese”.
Un nodo da sciogliere è rappresentato sicuramente dalla riforma forense, che il Parlamento dovrebbe approvare senza apportare modifiche, anche pensando all’urgenza che tale riforma richiede, se non altro vista l’imminente fine della legislatura.
Alpa ha sottolineato a proposito: “Il testo riconosce la rilevanza giuridica e sociale della funzione difensiva cui è collegato l’ordinamento forense ed enuncia le garanzie di indipendenza e autonomia degli avvocati: premesse fondate su valori indefettibili che danno la cifra del testo”.
Nessun argomento cruciale è stato tralasciato, perché si comincia con le associazioni multidisciplinari e le società senza soci di capitale, passando dal rafforzamento del segreto professionale fino ad arrivare alle specializzazioni e l’affermazione del ruolo delle associazioni forensi specialistiche. Ma non solo, perché viene sottolineata l’importanza dell’aggiornamento continuo, oltre alla assicurazione obbligatoria, la libera determinazione dei compensi, la trasparenza sulla complessità dell’incarico, le informazioni ai clienti. Ultimi, ma non meno importanti, le tematiche che riguardano la rappresentanza di genere, i consigli distrettuali di disciplina forense formati da avvocati ma terzi rispetto all’incolpato e la corresponsione di un compenso ai praticanti.
Ciò che preme particolarmente è restituire valori ad una professione, a detta di Alpa e del CNF che lui rappresenta, “colpita nella dignità, valore scolpito nella Costituzione e nella Carta dei diritti fondamentali, e nella remunerazione, con l’adozione di parametri punitivi oltre che irrazionali. Non si possono più tollerare le previsioni legislative o regolamentari che presuppongono la mala fede degli avvocati, non si possono tollerare le regole processuali che hanno un chiaro intento punitivo del difensore o del cliente, non si possono tollerare le riforme processuali che pongono nell’incertezza l’applicazione di norme volte a difendere i diritti dei cittadini e a garantirne l’accesso alla giustizia“.
Gli avvocati, dal canto loro, sono pronti a dimostrare di sostenere davvero la democrazia solidale, a patto che, però, l’Avvocatura non sia più considerata il capro espiatorio dei mali della giustizia.
In conclusione della sua “arringa”, il presidente del Consiglio Nazionale Forense ha affermato: “Non crediamo che la introduzione di “filtri” possa risolvere una situazione incancrenita da decenni, e neppure la soppressione di un grado di giudizio – quale è nei fatti, nella realtà concreta, la riforma del giudizio di appello – e neppure la motivazione sintetica delle sentenze o l’ingresso di tirocinanti stagisti negli uffici dove si preparano e si decidono i processi. Non crediamo neppure che i progetti di riordino della geografia giudiziaria, così come sono stati formulati e applicati, possano produrre effetti positivi: soppressi i presidi giudiziari, eliminata la giustizia di prossimità, con la concentrazione degli uffici si concentrano i procedimenti arretrati, si ampliano i costi per le nuove sedi, si scardinano le strutture funzionanti”.
Vera MORETTI