di Davide PASSONI
Nella panoramica che Infoiva dedica all'”affaire mediazione obbligatoria”, non poteva mancare la voce dell’Istituto Nazionale Tributaristi. Se non altro perché al suo interno ha costituito un comitato scientifico per la mediazione civile e commerciale, senza arrivare alla creazione di un vero e proprio organismo di mediazione autonomo. “A maggior ragione oggi siamo contenti di questa scelta – dice Edoardo Boccalini, coordinatore nazionale del comitato e membro dell’Int –. Pensavamo e pensiamo che per occuparsi di mediazione in modo proficuo e professionale, sia necessario dedicarvisi a tempo pieno. E non è il nostro caso. Poi l’Int lascia i propri iscritti liberi di fare i mediatori dove vogliono e anche il nostro forte legame non Asac non è vincolante“.
Come valuta l’Int il pronunciamento della Consulta che ha dichiarato illegittima la normativa sull’obbligatorietà del ricorso alla media-conciliazione nelle controversie tra privati?
Personalmente mi occupo di mediazione e ho cominciato a crederci e a divulgarne la cultura da oltre 10 anni. Come Istituto non siamo mai stati favorevoli alla obbligatorietà, l’abbiamo sempre considerata qualcosa di contrario alla natura stessa della mediazione. Alla obbligatorietà ci si sarebbe dovuti arrivare per cultura, non per legge. Non vedo un grosso problema dal pronunciamento della Consulta, sarebbe stato strano se non si fosse pronunciata in tal senso.
Secondo i fautori della mediazione, questa sarebbe uno strumento per snellire la gestione delle centinaia di migliaia di cause pendenti: ora che potrebbe scomparire, quali altre vie suggerisce il Cnf per favorire questo snellimento?
Ci possono essere mille modi. Intanto, ricordiamo che la mediazione è ancora obbligatoria almeno fino alla pubblicazione della sentenza. Poi, sono d’accordo con Maurizio De Tilla quando dice che non ci sono mediatori formati a dovere, ma non quando sostiene che proprio per questo possa naufragare l’istituto della mediazione. Io penso invece che la mediazione sia e continuerà a essere un mezzo utile per snellire l’arretrato della giustizia: continuando a valorizzarla, l’approccio nei suoi confronti sarebbe diverso anche da parte degli avvocati.
Secondo Mascherin del Cnf, il 95% di chi va in mediazione lo fa accompagnato da un avvocato per essere certo che i suoi diritti saranno tutelati…
Non condivido. Chi va in mediazione con l’avvocato ci va perché, quando è chiamato in mediazione, spesso l’avvocato è il primo professionista al quale si rivolge per chiedere chiarimenti. Sono favorevole a che gli avvocati siano presenti in mediazione e che lo siano adeguatamente formati: un avvocato formato che accompagna la parte in mediazione è sicuramente un valore aggiunto.
E quando si dice che l’obiettivo di un mediatore è portare a buon fine una mediazione, anche senza una piena tutela dei diritti di una delle due parti?
Penso invece che una mediazione sia riuscita non solo quando viene trovato un accordo, ma anche quando le parti escono e sono contente e convinte di aver fatto una cosa buona. Ho assistito a mediazioni commerciali trattate da psicologi e sociologi che si sono concluse in maniera impeccabile, con le parti soddisfatte e meravigliate di quello che era successo e con i loro diritti tutelati a dovere.
Da più parti si tende a indicare la magistratura come una sorta di “ispiratrice occulta” del pronunciamento della Corte Costituzionale. Che cosa pensa?
Gli avvocati si potranno ritagliare spazi interessanti nel campo della mediazione, specialmente i giovani. Credo che un avvocato che dà un servizio di questo tipo a un assistito e lo porta in mediazione preparato, seguendolo fino in fondo, gli risolva il problema in tempi più rapidi e con costi inferiori rispetto a quello che accadrebbe portandolo in causa. E che possa chiedergli senza problemi una parcella giusta. Ribadisco quanto detto sopra: un avvocato formato che accompagna il cliente in mediazione è un valore aggiunto.
Molti hanno visto nella mediazione obbligatoria un’opportunità per fare impresa o per avere un lavoro. Ora rischiano di trovarsi con tempo e soldi buttati e incerte prospettive professionali. Vero?
Chi pensava di fare business con la mediazione si sbagliava. Non sono maturi i tempi, non è il momento.
Perché?
Perché la mediazione dovrebbe essere un fattore di civiltà. Si deve ancora raggiungere una cultura che non renda la mediazione obbligatoria ma che faccia capire alle persone che è talmente vantaggiosa che va usata perché, utilizzandola, si guadagna. Manca cultura in questo senso, va creata soprattutto per le nuove generazioni: su cose di questo genere non è corretto né utile ragionare a breve termine.