Com’è lo stato di salute dell’Ict italiano? Stando al rapporto Assinform 2012 appena presentato alla vigilia di Smau, le cose potrebbero andare meglio. Il primo semestre dell’anno si è infatti chiuso con un calo del 3,8%, a 8,42 miliardi di euro, mentre la previsione sul 2012 è di un -4,4%. Cifre contenute, per carità, nulla a che vedere con i cali a doppia cifra che caratterizzano un po’ tutti i comparti dell’economia del Paese. Però… però di calo si tratta, è innegabile.
Il mercato dell’Ict italiano vale 68,6 miliardi di euro e al suo interno, secondo Assinform, crescono solo le componenti legate a internet: cloud computing +41,6%, tablet +78,5%, smartphone +30%. Nei comparti tradizionali, invece, solo segni meno: pc e server -7,1%, servizi -3,3%, software, -0,6%. In particolare merita di essere sottolineato il boom dei tablet, al di là della percentuale di crescita: nel primo semestre 2012 sono state vendute 705mila nuove unità, rispetto alle 398mila del primo semestre 2011. Rallenta la flessione delle Tlc: -1,3%, grazie alla inversione di marcia dei capitoli relativi a infrastrutture (+2,2%) e terminali (+4,4%).
Insomma, segnali positivi ce ne sono, ma come agire per fare in modo che i meno diventino più? Secondo Paolo Angelucci, presidente di Assinform, la ricetta è tanto semplice quanto coraggiosa, almeno in un momento come questo: investire. “Per invertire il trend negativo e aprire il Paese alle opportunità dell’economia digitale – sostiene Angelucci – occorre una cura shock che, in realtà, è già nelle potenzialità del pacchetto di misure sull’Agenda digitale varato dal Governo con il recente decreto legge Crescita 2.0. E’ importantissimo, quindi, che tali misure diventino legge al più presto, senza cedimenti rispetto allo spirito e agli obiettivi innovativi del provvedimento. E’ necessario, infatti, stabilizzare le condizioni quadro, per far partire un nuovo importante ciclo di investimenti in Ict, di cui già si vedono i segnali per le infrastrutture Tlc, che potrà fare da volano per la crescita dell’intera economia“.
E chi può investire, se non le imprese? Imprese alle quali si chiede un atto di lungimiranza, imprese che non possono sottrarsi al loro ruolo. “In questo scenario difficile, ma non privo di potenziali vie d’uscita – ha detto Angelucci –, anche le imprese sono chiamate a fare la loro parte. Nella prospettiva di una nuova domanda che chiede all‘Ict di essere ancora più trasversale, più penetrante, più capace di dare soluzione ai problemi strutturali del Paese, il settore deve essere pronto a mettere in campo più innovazione, più best practices, più capacità di intervento. In questa chiave è fondamentale garantire l’accesso al credito alle imprese che vogliono investire in innovazione. Puntare sul modello di crescita 2.0 vuol dire anche abbattere il credit crunch per l’innovazione, stabilendo percorsi facilitati agli investimenti in nuove tecnologie“.
Insomma, se la tecnologia deve essere il traghetto che porta le imprese e l’economia fuori dalle secche della crisi, gli imprenditori devono tornare a fare quello che meglio sanno fare: investire sull’impresa e sul futuro. Smau 2012, al via oggi, può essere l’occasione buona che tante di loro cercavano per far partire questa rinascita.