Quando si pensa a un mercato dell’auto in crisi, si pensa a centinaia di migliaia di berline, station wagon, monovolume, city car e affini che giaccione mestamente nei parcheggi dei grandi costruttori, invendute. In realtà, l’altra metà del cielo automobilistico è costituito dai veicoli commerciali, una componente non di secondo piano nel mondo delle quattro ruote, specialmente per buona parte dei lettori di Infoiva: artigiani, commmercianti, professionisti, per i quali l’auto o il furgone non sono un bene come un altro ma un vero e proprio partner, il cui acquisto è, molto spesso, un investimento.
Ebbene, anche in questo settore stiamo messi maluccio. Dopo le critiche e le analisi, di Anfia, Unrae, Federcarrozzieri e Federauto era difficile pensare il contrario. Calo delle immatricolazioni a doppia cifra, costruttori in panne quanto i loro mezzi, previsioni tutt’altro che rosee. Brutto sintomo. Perché se il veicolo commerciale frena, significa che il primo attore dell’economia italiana, il suo utilizzatore, ha grossi problemi a poterselo permettere. E se questi problemi esistono, è perché ne esiste uno più grande che si chiama crisi.
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