Srl semplificate o a capitale ridotto?

 

Normativa ancora poco chiara in materia, criticità interne e problemi di natura finanziaria connessi all’assenza di un vero capitale. Le Srl semplificate rappresentano davvero una boccata d’ossigeno per l’industria italiana? O si tratta solo di un fuoco di paglia destinato a spegnersi in breve tempo? Infoiva lo ha chiesto a Gaetano Presti, Docente di Diritto Commerciale presso l’Università Cattolica di Milano, per fare chiarezza fra le diverse forme societarie proposte e per capire se davvero in Italia sia possibile ‘fare impresa’ con 1 euro, o come purtroppo accade, di finanziatori non se ne scorge nemmeno l’ombra.

 

Srl semplificata: pensa sia una soluzione vincente per incentivare l’imprenditoria in un momento così difficile?
Dubito che sia una soluzione adeguata, perchè ridurre il capitale a 1 solo euro non elimina i problemi finanziari. Queste società avranno comunque bisogno in un secondo momento di essere finanziate, se i soldi non li mettono i soci dovranno essere chiesti in prestito alle banche e gli istituti di credito, non trovandosi garantiti da una società con un capitale sostanzialmente inesistente, dovranno chiedere garanzie ai soci. E’ un circolo vizioso.

L’’assenza di un vero capitale aziendale porterebbe a pensare che le più diffuse fra le Srl a un euro siano o saranno le società di servizi. E’’ una previsione corretta?
Può essere, credo che allo stato attuale le Srl semplificate rappresentino un numero molto esiguo. Va sottolineato inoltre che la legge ha previsto due diverse forme di società a capitale ridotto: la Srl semplificata, per gli under 35, e poi con un intervento successivo è stata creata una seconda tipologia, la Srl a capitale ridotto, che letteralmente dovrebbe essere destinata agli over 35, ma che secondo certe interpretazione prescinde dall’età. Sotto i 35 anni c’è uno sconto maggiore perchè l’atto costitutivo, che deve essere redatto secondo un modello previsto dalla legge, è in forma gratuita; diverso il discorso per gli over 35 che invece dovranno farsi carico delle spese notarili.

Da quanto apprendiamo ci sono resistenze da parte di alcuni notai nel redigere l’atto costitutivo, forse perchè gratuito. Lei cosa ne pensa?
I notai sono tenuti alla firma dell’atto, non possono rifiutarsi. Certamente il fatto che si tratti di un atto gratuito è un disincentivo per gli studi notarili, potrebbe quindi esserci una lista d’attesa più lunga. A ciò va aggiunto un altro fattore: ci sono state molte incertezze interpretative, in particolare per quanto riguarda l’atto costitutivo standard stabilito per legge. Qualcuno lo ha adottato pedissequamente, qualcun’altro ha invece sostenuto che si potrebbe aggiungere qualcosa, senza modificare il modello standard ma aggiungendo magari delle altre pattuizione fra i soci. Queste incertezze giuridiche, sommate al fatto che per un notaio si tratta di un lavoro in perdita, potrebbero spiegare una certa resistenza da parte degli studi notarili. Per la mia esperienza, non ho avuto notizia di questa reticenza da parte dei notai.

Se viene costituita una Srl semplificata da un under 35, al compimento del 35 anno di età cosa accade? E’ possibile passare alle seconda forma di Srl a capitale ridotto?
La legge è ancora molto nebulosa in materia e pone delle criticità. Mettiamo il caso che si tratti di una società costituita da più soci: è difficile che compiano tutti 35 anni nello stesso momento. Il meccanismo prevede che chi ha compiuto il 35 anno di età sia escluso dalla società: questo pone però tanti problemi nei rapporti interni fra i soci e potrebbe generare anche comportamenti opportunistici. I soci più giovani sanno che il più anziano (over 35) è obbligato a vendere le proprie quote, e se non vende, in ogni caso sarà fuori dalla società e verrà liquidato secondo dei criteri che potrebbero anche non essere del tutto remunerativi. E’ un meccanismo un po’ strano e molto lacunoso al momento.

Secondo lei, si poteva fare qualcosa di meglio per incentivare l’imprenditoria giovanile?
Forse era possibile risolvere alcune complicazioni operando una riforma più estesa della Srl. Oggi il capitale minimo di una normale Srl è di 10.000 euro, non si tratta di un importo altissimo ma richiede comunque una disponibilità economica. Forse si poteva ridurre drasticamente il capitale previsto per tutte le Srl o forse si poteva prevedere che il capitale sociale non fosse necessario. E’ una cosa che non è possibile fare con le Spa, perchè le società per azioni sono soggette a un vincolo comunitario che stabilisce la necessità di un capitale sociale di un valore minimo stabilito per legge. Questo vincolo non sussiste però per le Srl, perchè non esistono direttive in materia, e in tanti Paesi del mondo le società funzionano anche senza l’istituto del capitale sociale. A mio avviso, la legge poteva essere semplificata da questo punto di vista, fermo restando che il problema della necessità di una disponibilità economica, e di un capitale, sussiste. Se un imprenditore non ne dispone privatamente dovrà comunque ricorrere a finanziamenti e le Banche per finanziare chiedono garanzie ai soci: o il proprio capitale è congruo con l’attività economica che si vuole esercitare, oppure la Banca richiede altre forme di tutela, che si tratti di una fideiussione, di un’ipoteca o una qualsiasi forma di garanzia si voglia immaginare.

Restando in tema di giovani e imprese semplificate e a capitale ridotto, in Italia possiamo auspicarci per il futuro la presenza di forma di investimento come quelle già praticate nel mondo anglosassone dai Business Angels?
E’ quello che viene chiamato venture capital, ovvero chi decide di investire in start up, in nuove società in fase di avvio sapendo che investendo su 10 società, 8 falliranno, una andrà così così e un’altra invece potrebbe avere successo, magari diventando la nuova Apple. Il meccanismo è semplice: il ritorno che si avrà da quest’ultima remunererà anche tutti gli altri nove investimenti. Purtroppo non si tratta di un mercato particolarmente florido in Italia: alcuni tentativi sono stati fatti, ma la nostra mentalità è molto diversa, soprattutto se si ha l’obiettivo di interessare e coinvolgere dei privati o dei risparmiatori in un’avventura di questo tipo. C’è paura sempre, in un Paese come il nostro la fiducia è scarsa: investire significa dare una somma di denaro in mano a qualcun’altro, e prevale sempre la preoccupazione che con qualche trucco quel qualcuno non li restituisca più, non perchè l’azienda non vada bene, ma perchè preferisce metterseli in tasca.

Alessia CASIRAGHI