Il bimestre estivo è stato nero per le imprese, dal momento che, nei soli mesi di luglio ed agosto ben 41mila aziende hanno cessato la loro attività.
Ma, nonostante si tratti del dato peggiore da qui al 2009, sembra che il numero di imprese che aprono sia ancora superiore a quelle che chiudono.
Il bimestre appena trascorso, infatti, ha chiuso in positivo, con un +9.668 unità, che corrisponde a un tasso di crescita dello 0,16%, come è stato confermato anche da una rilevazione effettuata da Unioncamere sui dati del Registro delle imprese delle Camere di commercio, elaborati da InfoCamere.
Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere, ha commentato in negativo queste cifre: “La crisi sta progressivamente erodendo la capacità di resistenza di tantissime nostre imprese, anche se non spegne la voglia d’impresa di tanti italiani. L’elevato numero di cessazioni e, soprattutto, il rallentamento della dinamica espansiva registrato nelle regioni settentrionali nel periodo estivo, suona come un campanello d’allarme delle condizioni difficili in cui sta vivendo il Paese e dello stato d’animo di incertezza dei nostri imprenditori. In questo contesto, si rendono ancora più urgenti le misure per la crescita che il Governo ha in programma di attuare”.
Le aree maggiormente colpite dalla crisi sono state, negli ultimi due mesi, quelle più sviluppate, dal punto di vista produttivo.
Il Centro Nord, infatti, ha registrato tassi di crescita più contenuti rispetto all’anno scorso e la zona più “sofferente” è proprio il Nord-Est, dove la crisi si misura anche dall’indicatore della natività-mortalità, ora allo 0,07%.
La situazione non cambia di molto neppure al Nord-Ovest e al centro, dove il tasso di crescita nel bimestre è pari allo 0,11%, in riduzione rispetto al +0,17% e +0,25% del 2011.
In controtendenza solo il Mezzogiorno, dove l’indicatore della crescita (+0,28%) segna un aumento rispetto a quanto registrato nel bimestre estivo 2011.
Considerando le province, sono Napoli, Palermo, Aosta e Salerno ai vertici della classifica per tasso di crescita mentre, tranne Macerata ed Oristano, sono tutte al Nord le sedici province in cui le cessazioni arrivano a superare le iscrizioni, generando così un saldo negativo che, in valore assoluto, è massimo a Vicenza (-86 imprese).
Le nuove imprese, per fronteggiare la crisi, optano per una forma giuridica più strutturata: +0,42% l’incremento delle società di capitali (in diminuzione comunque rispetto a quanto registrato lo scorso anno), +0,52% le Altre forme giuridiche, in crescita invece al confronto con il 2011. Modesti i tassi di incremento delle Ditte individuali (+0,09%) e delle società di persone (0,05%).
Il settore che perde il maggior numero di imprese è l’agricoltura, anche se la riduzione maggiore, almeno per quanto riguarda il trend attuale, è quello manifatturiero.
Le costruzioni chiudono il bimestre in positivo, pur avendo subito un consistente rallentamento che ha portato a 83 nuove imprese, contro le quasi 2mila dello stesso bimestre dello scorso anno.
Risente della congiuntura negativa anche il settore dei servizi, finora l’unico a non aver risentito della crisi, anche se le nuove attività che riguardano attività professionali, scientifiche e tecniche sono state 736, contro le mille del 2012.
L’eccezione è rappresentata da Sanità e assistenza sociale, in cui il saldo di 201 unità corrisponde a un tasso di crescita dello 0,59%, in aumento rispetto allo 0,41% del bimestre luglio-agosto 2011.
Vera MORETTI