Il Consiglio nazionale forense interviene sul parere dell’Antitrust sulla riforma forense e lo fa con una nota molto fredda: “La riforma forense è in Parlamento, e sarà il Parlamento, così come previsto dalla Costituzione, a valutare con terzietà tutte le opinioni e a deliberare le soluzioni che ritiene più adeguate alla effettiva tutela dei diritti dei cittadini – si sostiene nel giudizio -. Il Consiglio nazionale forense si augura che anche il governo assuma le sue decisioni in autonomia, visto il ritardo inspiegabile sulla sua decisione in merito alla richiesta della stessa commissione Giustizia della Camera di assegnare la riforma in deliberante. Il parere dell’Antitrust sulla riforma forense non presenta alcun profilo di novità e ripete gli stessi argomenti che con lettera, anch’essa, come il parere attuale, non sollecitata ma inviata motu proprio ai destinatari, l’Autorità aveva diffuso un anno fa“.
“Gli argomenti allora proposti – sottolinea il Cnf – sono stati esaminati dalla commissione e poi dall’aula del Senato e ritenuti inconferenti, e così dalla commissione Giustizia della Camera, che li ha anch’essa ritenuti inconferenti. Gli effetti finali di alcune posizioni ‘mercantilistiche’ sono stati infatti tutti a svantaggio dei cittadini e a vantaggio di ben individuati centri di potere economico“.
“L’atto camera 3900 è stato modificato con emendamenti di tutti i partiti della maggioranza – ricorda il Cnf – proprio per renderlo compatibile con la riforma delle professioni. Solo una lettura ‘univoca’, ‘orientata’ a prescindere e approssimativa, dunque, giustifica le osservazioni del parere di oggi“.
“La tempistica studiata con il cronometro mediante la quale si è creata la coincidenza tra l’emissione di un parere non sollecitato e la seduta del Consiglio dei ministri in cui si dovrebbe varare l’assenso alla approvazione in commissione Giustizia in sede legiferante – conclude la nota del Consiglio nazionale forense – rivela che vi è una regia diretta a esautorare il Parlamento a cui partecipano soggetti non legittimati a pronunciarsi sull’operato del Parlamento stesso. Un nuovo colpo di scena che l’Avvocatura denuncia come una violazione dei principi di libertà e autonomia riconosciutile dalla Costituzione“.