Noi di Infoiva lo sosteniamo da sempre: fare l’imprenditore, in Italia, è una missione oltre che una vera guerra. Gli imprenditori di casa nostra meriterebbero statue e medaglie e invece si trovano presi a pesci in faccia dallo Stato e dal fisco, che non ne riconoscono, se non a parole, il valore sociale sancito anche dalla nostra Costituzione.
Una conferma di come l’imprenditoria sia davvero una missione ci arriva anche da Mediobanca, che tramite il suo Ufficio Studi ci fa sapere che fare impresa, in Italia, non è remunerativo perché il guadagno non è sufficiente a ripagare il costo del capitale: lo dimostra il fatto che nelle attività industriali c’è stata una distruzione di ricchezza pari a 1,4 punti. Questo secondo l’indagine 2012 “Dati cumulativi di 2.032 imprese italiane“. redatta dall’istituto di via dei Filodrammatici.
Secondo Mediobanca, i grandi gruppi visti nella loro dimensione italiana hanno sofferto di più, mentre è stata più contenuta la sofferenza delle medio e grandi imprese. Le imprese a controllo estero si sono salvate dalla distruzione di valore, grazie alla elevata redditività del capitale.
Se vogliamo parlare di numeri nel 2011, le esportazioni si sono mosse a velocità più che tripla rispetto alle vendite domestiche (+18,3% contro +5,5%): è cresciuto il fatturato dei settori che hanno beneficiato degli aumenti dei prezzi delle commodities di riferimento (metallurgia +20,2%; energetico +17,6%) e di quelli che hanno agganciato la domanda estera (gomma e cavi +20,2%). Anno negativo per elettrodomestici (-3,4%), stampa editoria (-1,7%), farmaceutico e cosmetico (-0,7%). In sostanza, l’industria italiana ha segnato nel 2011 un’ulteriore ripresa del fatturato (+9,2% sul 2010) ma non è sufficiente a raggiungere, seppure di poco, il livello pre-crisi del 2008 a causa della forte flessione del 2009. Ovvero, fare impresa non conviene.
Che cosa deve pensare di fronte a questi dati chi, invece, l’impresa la fa? Per vocazione – tanti, forse la maggior parte -, o per necessità – molti, soprattutto a causa della crisi che li ha sbattuti fuori dal mercato del lavoro come dipendenti? Che sono dei visionari, degli illusi, gente destinata al fallimento personale o professionale? Noi crediamo invece che dovrebbero pensare di essere dei privilegiati, gente che ha un’opportunità unica: quella di dare una direzione diversa al proprio destino contando quasi solo sulle proprie forze e il proprio ingegno. Resta da capire se e quanto lo Stato darà loro la possibilità di imboccare questa direzione diversa. Per ora, ci sembra, c’è ancora molto da fare…