di Davide PASSONI
Al di là dei luoghi comuni, delle sparate del governatore della Sicilia Raffaele Lombardo, dei giudizi mortali delle agenzie di rating, c’è un’economia fatta di persone, aziende, professionisti, che in Sicilia lotta tutti i giorni per ribattere ai colpi della crisi. Infoiva vuole andare lì, a sentire quelle voci, le voci di chi, più che al default, guarda ai conti della propria impresa. Perché Infoiva vuole capire. E raccontare. Dopo Cna Sicilia, Confesercenti Sicilia e Confcommercio Sicilia, oggi parla con noi il presidente di Unioncamere Sicilia, Giuseppe Pace.
Come vive Unioncamere Sicilia questo paventato allarme default per la regione?
L’attenzione sulla crisi economica è molto alta, ancor di più se a rischiare il crac è la Regione che rappresenta di certo il più importante datore di lavoro della Sicilia. Le conseguenze di un default sarebbero disastrose per la nostra economia, soprattutto perché l’Isola ha ancora tante potenzialità da esprimere e per farlo ha bisogno di istituzioni solidi che promuovano lo sviluppo.
Secondo lei si tratta di allarmismi veri o ingiustificati?
A dirlo saranno i numeri. Naturalmente mi auguro che si tratti di allarmismi ingiustificati, anche se aver provato la paura del rischio default potrebbe aiutare la Sicilia ad essere più cauta e ad ottimizzare spese e investimenti, evitando così che in futuro giornali nazionali e stranieri scrivano della nostra regione in termini negativi.
Qual è l’umore tra i vostri associati, sul territorio? Prevale la preoccupazione o la voglia di reagire?
Entrambe. La preoccupazione c’è. Da un sondaggio condotto da Unioncamere Sicilia, emerge che il clima di incertezza e la crisi diffusa spinge gli imprenditori ad essere prudenti. Molti di loro temono un calo del fatturato e per questo sono prudenti nel fare nuovi investimenti. C’è da segnalare, però, che nell’ultimo trimestre, da aprile a giugno, il numero di iscrizioni al registro delle Camere di commercio siciliane è stato superiore a quello delle cessazioni, con un saldo positivo di oltre 2.000 unità (8.583 iscrizioni e 6.476 cessazioni). Un piccolo segnale positivo che dimostra che c’è ancora voglia di fare impresa.
Fanno più paura gli allarmi sulla tenuta dei conti o la crisi “vera”, quella che morde mezza Europa?
Credo che i fatti contino più delle parole. Ad ogni modo, accendere la tv e sentire parlare di crisi, cassa integrazione, spread e borse che chiudono in negativo non fa bene all’umore di nessuno.
Fiscalità, incentivi, sgravi: con quali misure lo Stato può aiutare le piccole imprese siciliane e “respirare”?
Fiscalità di vantaggio per le aree socio-economicamente svantaggiate. Ma anche potenziare il sistema dei trasporti, dall’asse viario a quello ferroviario, passando per porti e aeroporti. Inoltre, le imprese del Sud hanno bisogno di incentivi per l’innovazione. Senza peccare di presunzione, infine, ritengo che la Sicilia sia tra le più belle – se non la più bella – regioni d’Italia. In quanto tale dovrebbe essere valorizzata e fatta conoscere all’estero. Abbiamo mare, cultura, natura, buon cibo e l’arte dell’accoglienza. Bisognerebbe provare a “vendere” questo patrimonio e il nostro guadagno sarebbe in turismo. Seppur con i suoi problemi, la Spagna – che non è un paese tanto diverso dall’Italia – lo ha fatto e sono certo che lì, crisi o default, i turisti continueranno ad arrivare.
Al di là del default o meno, pensa che la regione abbia i mezzi per risollevarsi da sola dalle secche in cui è finita?
I mezzi, le potenzialità e le intelligenze in Sicilia non mancano. Di sicuro non c’è più tempo da perdere. Per esempio si potrebbe accelerare la spesa dei fondi europei.
La Sicilia ha la classe politica che si merita? Secondo noi no, secondo lei?
È il popolo a scegliere i propri amministratori e questa decisione va rispettata sempre e comunque.