Sapore di mare, l’estate italiana profuma di affari

 

Sapore di mare ma soprattutto di sale per il turismo italiano per l’estate 2012. Se il Belpaese è considerato per antonomasia il luogo dove trascorrere un’estate da sogno da migliaia di turisti stranieri e non solo, complici la tradizione culinaria eccellente, le città d’arte e le spiagge incontaminate, sembra proprio che gli italiani nutrano una scarsa consapevolezza delle proprie potenzialità. Almeno in fatto di turismo.

Stupisce poi che a sottolinearlo sia proprio il Ministro del Turismo Piero Gnudi: “Il turismo è sempre stata una delle parti più importanti della nostra economia, ma nessuno, forse nemmeno gli italiani, sa quanto sia importante nel tessuto economico, sia in termini di rapporto al Pil sia in termini di occupazione”.

Secondo i dati raccolti dal Conto Satellite Turismo 2012, primo report statistico sul business delle vacanze, il turismo in Italia coprirebbe ben il 6% del Pil nazionale, staccando di molto Paesi come la Francia, dove raggiunge solo il 4% e il Regno Unito, per il quale il turismo copre una fetta pari al 3,8% del Pil nazionale.

Che l’Italia fosse meta prediletta per il turismo è cosa risaputa. Ad averne minor consapevolezza sembrano però, almeno secondo le parole del ministro, gli operatori del turismo lungo tutta la penisola: piccoli e grandi imprenditori, ristoratori e albergatori.

Per inciso: l’Istat non aveva mai quantificato in termini numerici prima d’ora quale fosse il reale impatto dell’industria turistica – il business delle vacanze – sull’economia italiana.

E i risultati, attesi un po’ troppo a lungo, si sono rivelati sorprendenti: nel 2010, il valore aggiunto prodotto in Italia dalle attività connesse al turismo (al netto dei costi di produzione dei beni e servizi venduti) è stato pari a 82,8 miliardi di euro, (10 miliardi in meno di quanto raccolto con l’Imu, per intenderci) una cifra che il 6% del totale di tutte le attività economiche del Paese. Non solo: considerando anche l’indotto del settore, in termini di commercio, servizi e terziario, la cifra sale al 10,9%.

Scendendo nel dettaglio, il 63,6% del fatturato turistico concerne l’alloggio e la ristorazione, mentre il 25% riguarda l’acquisto di beni come i souvenir e i prodotti alimentari. Per i trasporti si va dal 3,9% delle spese per spostamenti in aereo con vettori italiani, all’ 1,6% del settore marittimo e ferroviario.

E a voler fare i conti per quanto ci aspetterà per i prossimi mesi, le previsioni per l’estate 2012 sono più che rosee: meno europei e americani pronti a partire per Firenze, Roma e Venazia, ma moltissimi scandinavi, cinesi e giapponesi pronti a fare le valigie per godersi il solleone nelle spiagge più belle e selvagge della penisola. Almeno secondo quanto riferisce l’Osservatorio sul turismo di Unioncamere. A confermare i dati ci pensa anche il Presidente dell’ENIT, Pier Luigi Celli: “il Monitoraggio Estate 2012 restituisce l’immagine di un settore turismo che, in tempi di crisi, si conferma asset strategico per lo sviluppo del Paese, attorno a cui seri e “intelligenti” investimenti possono ancora garantire obiettivi di ritorno immediato”.

Ma qual è il ruolo svolto dalla piccole imprenditoria nel settore turistico in Italia? Quante strutture alberghiere sono ancora a conduzione familiare e quante invece sono appannaggio di grosse catene internazionali? Come si incentivano le start up impegnate nel settore ‘vacanze’?

A queste domande cercheremo di rispondere nei prossimi giorni noi di Infoiva, per scoprire quale sia lo stato di salute del turismo in Italia.

 

Alessia CASIRAGHI