Dall’incontro ‘L’impresa etnica nel periodo della crisi‘, organizzato dalla Cna a Roma è emerso un dato che consolida il valore dell’immigrazione come risorsa in Italia, specialmente nel momento di crisi. Le imprese straniere, infatti, non solo aumentano, ma resistono meglio di quelle italiane al difficile momento economico, accelerando in questo modo il processo di integrazione sociale, culturale ed economica.
“Negli anni della crisi il ruolo della popolazione straniera in Italia è divenuto sempre più importante in termini di contribuiti all’occupazione e alla ricchezza prodotta“, afferma Antonio Murzi, responsabile del Centro studi Cna. “Basti dire – prosegue – che l’occupazione complessiva ha tenuto solo grazie al contributo della componente straniera. Infatti, tra il 2005 e il 2011, mentre l’occupazione dei cittadini italiani si è ridotta del 3,4%, quella degli stranieri è quasi raddoppiata (+97%). Per effetto di questi opposti andamenti il peso dell’occupazione straniera è passato dal 5,2% del 2005 al 9,9% del 2011 (gli occupati stranieri sono circa 2,3 milioni)”.
“Contestualmente – continua Murzi – è aumentato il peso della ricchezza prodotta dagli stranieri: dal 7,1% del 2005 al 12,0% del 2010 (pari a 167.537 milioni di euro) e notevole è anche il contributo degli immigrati alla tenuta del tessuto imprenditoriale. Tra il 2005 e il 2011, mentre l’imprenditoria italiana diminuisce del 9,3%, quella straniera cresce del 48,7%. E per effetto di queste opposte tendenze il peso dell’imprenditoria straniera cresce dal 5,7% del 2005 al 9,1% del 2011″. “In termini numerici – precisa Murzi – nel 2011, i titolari e i soci di impresa straniera sono stati 440.145 e di questi il 56,7% (ovvero 249.464 unità) sono titolari di impresa. Tra di loro, il 22,4% è di sesso femminile e il 48,9% sono artigiani. L’86,1% dei titolari di impresa stranieri risiede nell’Italia centro-settentrionale; il 76,7% in sei regioni (Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Piemonte, Toscana e Lazio) e solo la Lombardia ne ospita il 22,6%. Il 56,3% dei titolari di impresa proviene da soli quattro paesi: il Marocco (16,5%), la Romania (15,1%), la Cina (14,6%) l’Albania (il 10,0%). Il 71,9% dei titolari di impresa stranieri opera in due soli settori: le costruzioni (36,2%) e il commercio (35,7%)”.
“In questo contesto le associazioni imprenditoriali svolgono un ruolo fondamentale – conclude Murzi – e la Cna è già parte di questo processo con oltre 12mila imprese straniere associate, circa il 5% del totale, alle quali offre risposte soprattutto in termini di servizi (fisco, accesso al credito, comprensione normative). Un esempio per tutti: nel 2011 in Emilia Romagna, Unifidi ha sostenuto le imprese extracomunitarie con 18,6 milioni di euro di finanziamenti, 5,4 milioni di euro di garanzie e le operazioni a favore delle imprese extracomunitarie sono state il 4,3% del totale complessivo”. “La tenuta demografica dell’Italia – afferma Fosco Corradini, responsabile Cna World – è dovuta sostanzialmente agli immigrati. Perché questa situazione da dato statistico diventi un elemento strutturale della crescita della popolazione italiana va modificata la legge sulla cittadinanza. Come sostiene giustamente il Presidente Napolitano, è una totale assurdità che chi è nato in Italia non sia cittadino italiano e debba attendere la maggior età per esercitare l’opzione della cittadinanza. Vanno al più presto accorciati i tempi di residenza obbligatoria e continuativa, necessari per fare richiesta della cittadinanza italiana, da dieci a cinque anni”.
“Il fatto che in Italia vi siano oltre 2 milioni di lavoratori regolari e quasi cinque milioni di persone – ricorda – significa che nel nostro paese si sono ricongiunte molte famiglie, che hanno deciso per un progetto di vita interamente italiano, che passa anche attraverso il sogno di una casa. Appena la situazione economica attuale volgerà al meglio, queste famiglie rappresenteranno un potenziale fiorente mercato – assicura – anche nel settore immobiliare. Va ricordato che dal confronto tra il primo trimestre 2012 e 2011 si è registrato un calo del valore immobiliare nel Paese del 19% e anche a tal fine i lavoratori stranieri potrebbero essere soggetto di specifiche politiche pubbliche, per offrire stabilità di residenza a lavoratori e imprese, quasi indispensabili per il nostro Paese”.
Per Andrea Lasagni, docente di economia politica all’Università di Parma, “non si può affrontare il tema del lavoro autonomo e, ancor più, dell’imprenditorialità immigrata, senza valutare almeno in linea generale il quadro delle politiche economiche e dei servizi di supporto presenti in Italia”. “Da questo punto di vista – sottolinea – è secondo molti osservatori opportuno parlare di ‘grande assenza’ della politica industriale e soprattutto di un sistema di interventi che possa agire in modo efficace per offrire un supporto alle piccole imprese di immigrati”.
A sua volta, Francesco Marsico, vicedirettore della Caritas Italiana, afferma che “cinque milioni di immigrati in Italia costituiscono, con i parenti e gli amici, una rete portentosa che ci autorizza a sperare in un futuro migliore”. Dunque, conclude, “all’immigrazione si può pensare, realisticamente anche se non magicamente, come a un’opportunità”.