di Davide PASSONI
La Corte dei Conti e l’acqua calda. Quando l’organo di controllo in materia di entrate e spese pubbliche parla o presenta rapporti è un po’ come quando parla il presidente della Repubblica e ci fa pensare: ma bisogna essere presidenti per dire una cosa tanto ovvia? Con tutto il rispetto che la carica merita. Ecco, ieri la Corte dei Conti, che pure si pronuncia dopo studi e analisi e deve comunque tradurre in termini comprensibili ai più quanto emerge dalle proprie ricerche, se n’è uscita con una ovvietà: nel suo Rapporto 2012 lamenta che il peso eccessivo della pressione fiscale rischia di comportare “impulsi recessivi” nell’economia reale. Insomma, troppe tasse fermano la crescita.
Un’ovvietà che, però, fa arrabbiare e non poco. Chiedetelo alle imprese che, grazie alla lungimirante politica fiscale dei professori ora e dei governi politici prima, si ritrovano con uno Stato che intermedia oltre il 70% del loro fatturato. Chiedetelo alle famiglie, che grazie alla crescente pressione fiscale (che non è solo Imu) si ritrovano con un potere d’acquisto ai minimi storici e con lo spauracchio di un aumento dell’Iva per il prossimo autunno che significherebbe la vera morte dei consumi. Chiedetelo ai giovani, sempre più senza lavoro e senza prospettive non tanto e non solo per colpa della crisi, quanto per le responsabilità di una classe dirigente che 30 anni a questa parte ha saputo solo far crescere la spesa corrente.
E non basta sentirsi dire dalla Corte che i margini per riequilibrare il “sistema di prelievo” fiscale conciliando “rigore, equità e crescita” sono esauriti e per questo “si rafforzano le ragioni per puntare” sull’ampliamento della base imponibile attraverso “la lotta all’evasione, all’elusione e al ridimensionamento dell’erosione“. No. Perché se la lotta all’evasione, all’elusione e ai furbetti dello scontrino sono sacrosante, la Corte è bene che faccia ricordare a chi di dovere che esistono altri metodi non tanto per aumentare un “gettito fiscale rimasto al di sotto delle previsioni, penalizzato dalla mancata ripresa dell’economia“, quanto per far risparmiare soldi a uno stato bulimico di tasse che pensa solo a ingrassare e mai a dimagrire. Questi metodi si chiamano privatizzazioni, dismissioni di asset pubblici, dismissione delle partecipazioni in società in perdita, razionalizzazione delle spese, lotta alla corruzione e all’improduttività.
Perché la crisi è la crisi, la crisi è globale ma le dinamiche che hanno portato l’Italia in questa situazione si sono innescate ben prima. E se troppe tasse frenano la crescita, perché il governo continua a metterne di nuove? Ah, i professori…