di Davide PASSONI
Crisi, crisi, crisi. C’è, è inutile negarlo, e per le piccole imprese italiane è ancora più dura. Ma piangersi addosso non serve, gli strumenti per combatterla ci sono, specialmente se si guarda alle potenzialità del digital e dell’e-commerce in particolare.
Se n’è parlato al recente E-commerce Forum di Milano dove tanti esperti del settore si sono trovati d’accordo su un punto base: è necessario che le piccole imprese siano attive nell’e-commerce, altrimenti l’economia non cresce.
Un’operazione non facile, visto che spesso mancano tempo e cultura, oltre alla possibilità di investire in una logistica nuova e in un nuovo modello di business. Siamo ancora indietro rispetto a Paesi europei come la Germania, dove la penetrazione dell’e-commerce sia verso il consumatore che da parte delle imprese è molto più alta della nostra. Eppure il passaggio alla digitalizzazione dell’esperienza di vendita può essere vincente, a costi relativamente contenuti e necessario. Nei prossimi 5 anni l’80% dei clienti del made in italy verrà da fuori Usa ed Europa: la necessità di aggredire i mercati con l’e-commerce c’è ed è forte. In Italia, Netcomm, il consorzio del commercio elettronico italiano, sta portando avanti questo messaggio da tempo, come testimonia il suo presidente, Roberto Liscia.
Che ruolo può giocare Netcomm in un periodo così difficile per aiutare le aziende italiane a spingere sull’acceleratore dell’e-commerce?
Netcomm oggi si muove su tre direzioni fondamantali. La prima: definire nuove regole legislative e iniziative con il governo per supportare a livello finanziario lo svliuppo dell’e-commerce per le piccole imprese e il finanziamento all’export. La seconda: abbiamo sviluppato un sigillo che consente alle imprese che entrano in Netcomm di avere una certificazione di qualità che dia fiducia al cliente. La terza: abbiamo creato una società, Netcomm Services, che ha lo scopo di mettere tutte le competenze presenti in Netcomm a disposizione delle piccole imprese per il loro processo di trasformazione digitale. Sono tre ambiti che riteniamo fondamentali per aiutare le piccole imprese a maturare nel campo dell’e-commerce.
Il governo ha orecchie e voglia di ascoltare queste istanze?
Sì, ma ha poche leve finanziarie per poter intervenire in modo rapido.
Ce la facciamo, come Italia, a uscire da questo momentaccio anche con l’e-commerce?
Dobbiamo, non ci sono alternative. L’economia italiana è fatta dalle piccole imprese, il mercato interno non drena, quello che drena è il mercato internazionale che non può essere accessibile alle piccole imprese con i canali di vecchia maniera. Devono per forza pensare di aggredire i potenziali 500 milioni di clienti nel mondo attraverso l’e-commerce. In questo senso, stiamo anche lavorando con la Cina e Union Pay per sviluppare dei flussi di commercio online con quel Paese, dove ci sono 153 milioni di potenziali consumatori per i prodotti del nostro made in Italy.
Un messaggio di ottimismo a chi opera in questo campo?
L’e-commerce a livello planetario cresce, in Italia cresce del 20%, i clienti a livello globale sono potenzialmente 1,5 miliardi, dei quali comprano in 500 milioni ma connessi alla rete sono appunto 1,5 miliardi: le piccole imprese devono sapere rischiare, organizzarsi per conquistare questo potenziale straordinario di clienti, innescando crescita per sé e per tutta l’economia.