La crisi morde e la burocrazia ci uccide? La soluzione, per tanti imprenditori che non vogliono darsi fuoco, è quella di chiudere baracca e burattini (o quello che ne resta, dopo le razzie del fisco) e andare all’estero.
Ecco un’altra lettera giunta in redazione. Signori professori del Governo: vogliamo dare una prospettiva a imprenditori come questi? Visto che il 95% delle nostre imprese è fatto da loro, che succede se scappano tutti dall’Italia? Sveglia!!
Questo è un brutto periodo, da diversi anni ormai le piccole imprese soffrono, nessun aiuto, tasse sempre più soffocanti, poco lavoro data la crisi e banche che voltano le spalle e una burocrazia che può uccidere. Certo è più facile, anche se difficoltoso, per chi ha una liquidità propria.
Questo è il mio spirito, sono una donna di 47 anni nata e cresciuta nell’imprenditoria; dai miei ricordi di crisi ne ho viste e come mi ha insegnato il mio babbo (imprenditore) ci si rialza e si va avanti, magari rimettendosi in gioco, avendo il coraggio di cambiare settore. L’azienda del mio babbo è passata da sas a snc poi srl e ora da diversi anni è una spa. Gli è andata bene, i tempi erano diversi e sicuramente era più facile allora per una azienda crescere. Ho sempre avuto davanti a me un bell’esempio di imprenditoria fatta di testa, mani e passione.
Per me non è andata così… Ho aperto anch’io una piccola azienda nel settore alimentare con le mie sole forze, mettendo in ipoteca la mia casa per ottenere un mutuo che prontamente ho saldato tutto nel giro di quattro anni per poter acquistare macchinari per l’azienda. Nonostante il lavoro massacrante per gli orari, la fatica a gestire contemporaneamente lavoro e contabilità, sono riuscita ad assumere personale. Contenta di come andava avanti e avendo ottenuto bilanci in attivo, decisi di trasferire l’azienda in un’altra regione, avevo bisogno di più spazio (lo spirito imprenditoriale è quello di crescere). Non l’avessi mai fatto!
Mi sono scontrata con una burocrazia che dire lenta è poco….E questa purtroppo mi ha sotterrato. Da ottobre a maggio dell’anno successivo non sono riuscita ad aprire attività grazie all’asl. Lenta a rilasciare permessi con un sacco di documentazioni e planimetrie fatte fare da un geometra. Ho scoperto lì un nuovo mondo… aprire un’impresa non è uguale in tutte le regioni. Ho chiesto nel frattempo nuovi finanziamenti alla banca: mi sono stati rifiutati. Ho cercato di informarmi per finanziamenti all’imprenditoria femminile e lì c’è stato da “ridere”.
Esiste un ufficio a Roma (ho telefonato lì) che si occupa proprio di questo e mi dicono che non ci sono finanziamenti. Eppure l’ufficio c’è. con dei dipendenti, pagati pure. Sono riuscita con un piccolissimo finanziamento dalla Confcommercio a tirare avanti ancora per un po’ e pagare le aziende che hanno lavorato per la messa in opera di tutta l’impiantistica dell’azienda. Ho dovuto litigare con l’asl perché aveva le mia richiesta con tutti i documenti allegati ferma in una scrivania insieme ad un faldone di domande e chissà quando l’avrebbero presa in mano. Ho aperto con tutta la mia forza e voglia di continuare il mio lavoro interrotto l’anno prima, ma non è bastato, è servito a poco e nulla. Dopo pochi mesi ho dovuto chiudere, avevo perso in quel periodo lungo di chiusura troppi soldi. Avevo perso tutto. Riaprirò, non più in Italia ma all’estero. (Lettera firmata)
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