di Davide PASSONI
Se la vita si fa pesante, lo stipendio si fa… leggero. No, non è una presa in giro ma l’amara verità di quanto tasse e contributi previdenziali ammazzano le buste paga degli italiani in un periodo nel quale non sono rimasti loro nemmeno gli occhi per piangere.
La fotografia è stata scattata, tanto per cambiare, dall’Ufficio Studi della Cgia di Mestre, secondo il quale metà dello stipendio dei lavoratori italiani è sfoltito da tasse e contributi previdenziali. Secondo l’analisi, un operaio occupato nell’industria con uno stipendio mensile netto di 1.226 euro ha un costo azienda di 2.241 euro. Un importo che è dato dalla somma della retribuzione lorda (1.672 euro) e dal prelievo a carico del datore di lavoro (pari a circa 568 euro).
E per il povero impiegato, che lavora in un’azienda industriale e si porta a casa a fine mese 1.620 euro netti? Al suo datore di lavoro costa la bellezza di 3.050 euro. Anche qui una cifra data dalla somma tra la retribuzione lorda (2.312 euro) e il prelievo a carico del titolare (738 euro).
Risultati sconfortanti, che se abbinati ai recenti dati presentati dall’Istat sulla perdita del potere d’acquisto degli italiani, fanno affermare al segretario della Cgia di Mestre, Giuseppe Bortolussi: “Pur riconoscendo che dobbiamo potenziare la qualità della nostra organizzazione produttiva, non sono del tutto convinto che le aziende debbano produrre meglio e di più. Il problema è che i consumi interni sono troppo bassi. La crisi è molto pesante, soprattutto dal punto di vista occupazionale, anche perché continuano a calare i consumi. Meno si consuma, più si sta a casa. Più si sta a casa, meno si consuma. Dobbiamo scardinare questo circolo vizioso per scongiurare di scivolare dentro una fase depressiva”.
Che aggiungere? Ciascun lavoratore dipendente faccia i conti e ci sappia dire ([email protected]) se alla Cgia di Mestre hanno bevuto troppo o se ci hanno preso. Secondo noi… la seconda delle due. Mille grazie, stato bandito.