Lo Stato centrale sarà pure un ladro e una sanguisuga, ma gli enti locali non sono da meno. Lo conferma uno studio della Cgia di Mestre, secondo il quale le tasse locali pesano su ciascun italiano per 1.230 euro. Ma, secondo quanto emerso dallo studio dei Bortolussi Boys, il peggio deve ancora arrivare.
I cittadini più tartassati sono i lombardi, che nei primi 10 posti della classifica generale, riferita al 2011, ne occupano 8. In testa Varese, con una pressione tributaria locale pari a 1.714 euro pro capite, seguita da Lecco con 1.681. Al terzo posto ex aequo con una pressione tributaria locale pari 1.665 euro ci sono Bergamo, Monza e Bologna. Quarta Sondrio, con 1.650 euro poi Rieti e Pavia con 1630. Fanalini di coda Caltanisetta, con 789 euro pro capite, Agrigento con 767 e Lanusei, in Sardegna, con 671.
I risultati finali scaturiscono dalla sommatoria delle entrate tributarie versate da tutti i contribuenti al Comune, alla Provincia e alla Regione in rapporto alla popolazione residente.
Commenta il segretario della CGIA di Mestre, Giuseppe Bortolussi: “Ricordo che il nostro sistema fiscale è basato sul principio della progressività; da ciò si evince che nelle realtà dove si versano più tasse i livelli di reddito sono mediamente più elevati e, quasi sempre, la qualità e la quantità dei servizi offerti sono migliori. Insomma, nei territori più ricchi si paga in misura maggiore, ma si riceve anche di più. Voglio altresì ricordare che la pressione tributaria locale della Lombardia è mediamente più elevata che nel resto del Paese perché è molto forte il carico fiscale riconducibile all’Irap. Una imposta, voglio ricordarlo, che, applicata dalle Regioni, viene pagata dalle imprese e non dai cittadini“.
L’elaborazione fornisce una stima del livello della pressione tributaria locale nei capoluoghi di provincia sulla base delle ultime informazioni disponibili, ossia quella riferita al 2011, subito prima della “raffica” di aumenti scatenata nel corso dell’anno con le due manovre d’estate approvate dal Governo Berlusconi (Dl 98/2011 e Dl 138/2011) e con il decreto “salva Italia” (Dl 201/2011). Mancano quindi l’IMU e l’aumento dello 0,33% dell’aliquota base dell’addizionale regionale IRPEF. Due misure che comporteranno un maggior gettito complessivo di 12,8 miliardi di euro che però finiranno completamente nelle casse dello Stato. Per avere più risorse Regioni ed enti locali dovranno mettere mano alle aliquote.
“Pertanto – prosegue Bortolussi – è certo che nel 2012 assisteremo ad una impennata impressionante della tassazione locale, con effetti per le casse delle Regioni e degli Enti locali molto modeste”.
Riguardo alle regioni si sono considerati unicamente i tributi propri (Irap, addizionale Irpef, bollo auto), quella parte di entrate tributarie sulle quali le Regioni hanno margini di manovra.
Per le Province si sono esaminate le entrate tributarie al netto della compartecipazione IRPEF, in quanto su questa voce le Province non hanno possibilità di intervento.
Anche per i Comuni, la pressione tributaria è stata calcolata considerando le entrate tributarie al netto della compartecipazione IRPEF. Tuttavia, non è stato possibile utilizzare i bilanci di previsione 2011 perché si sono riscontrate differenti modalità di compilazione dei bilanci stessi. Il 2011 è infatti il primo anno di applicazione del Fondo sperimentale di riequilibrio, alimentato da quote di tributi sugli immobili e dalla cedolare secca, che sostituisce i vecchi trasferimenti. Alcuni comuni hanno redatto il bilancio 2011 conteggiando le risorse del Fondo nel titolo 2 (dove figurano anche i trasferimenti dall’UE, dalla Regione e dalla Provincia), mentre altri hanno imputato le risorse del Fondo tra le entrate tributarie. Ricordiamo, tuttavia, che il Fondo non può essere considerato un tributo proprio, perché alimentato da tributi statali. Per tali ragioni e per garantire la massima confrontabilità possibile dei dati, si è preferito utilizzare i bilanci consuntivi 2010 (Ministero dell’Interno).
Un ultima precisazione sui dati del Comune di Venezia e della Regione Valle d’Aosta, depurati dai proventi dei rispettivi Casinò. Ma la sostanza non cambia: spremuti e mazziati.