di Davide PASSONI
Ma guarda un po’. Forse forse la tanto invocata spending review arriverà davvero. Il povero ministro Giarda era stato lasciato solo di fronte all’ingrato ma benedetto compito di analizzare la spesa pubblica italiana e capire dove e che cosa si potrebbe tagliare per ridurne la portata pachidermica. Per carità, non che dovesse partire da zero; in passato, Giarda si era già occupato del problema quando aveva avuto degli incarichi ministeriali, tanto che non si capisce come mai nelle scorse settimane dicesse che ci voleva tempo per capire dove effettuare i tagli. Che aveva fatto gli anni scorsi? E, quando non più tardi di 15 giorni fa aveva detto in una intervista alla Stampa che “dalla spending review non c’e’ da attendersi nessun tesoretto da destinare a una riduzione delle tasse, ma una razionalizzazione degli apparati delo Stato per non far crescere la spesa, raggiungere l’obiettivo del pareggio di bilancio nel 2013 e mantenerlo negli anni a venire“, ci erano letteralmente cadute le braccia.
Ora però, dopo che in queste ultime due settimane il fuoco di fila contro il ministro si era fatto più serrato, Giarda, sempre da un quotidiano, afferma che le spese dei ministeri diminuiranno di 13 miliardi tra il 2012 e il 2013, passando da 352 a 339 miliardi e che la spending review sarà presentata al Consiglio dei ministri entro fine aprile. Apperò! Un’uscita che segue di poco lo sfogo del ministro, che di fatto si era lamentato, come detto prima, di essere stato lasciato con la patata bollente della spesa pubblica nelle mani e con il pressing di Monti che, senza un taglio significativo degli sprechi di Stato, paventava il mancato pareggio di bilancio nel 2013. Dammi una task force, aveva rilanciato Giarda.
Ora, che il pareggio di bilancio non arriverà nel 2013 senza un taglio alla spesa pubblica è poco ma sicuro. Il dubbio è: ce la faranno a tagliarla davvero? Un dubbio non da poco, visto che se i dati economici continuano sul ritmo odierno, nessuno ci toglierà un’altra manovra correttiva in autunno. In mezzo tra la seconda rata e l’acconto Imu: ossia, morte sicura per il contribuente italiano.
Giarda, Grilli, ministri tutti: fatelo subito! Tagliate, tagliate, tagliate! Non ci basta sentire il ministro Severino che dice: Al Viminale via un dipendente su 10. Lo faccia! Non ci basta sentire il ministro Passera che dice: Dai tagli 100 miliardi per la crescita. Li vogliamo vedere! Non ci basta, anzi ci dà un fastidio cane sentire che tutti i partiti premono sul governo per sforbiciare la spesa pubblica: guardino in casa loro, sforbicino per primi i loro scandalosi bilanci e rinuncino ai rimborsi elettorali. Se non ora, quando, maledizione? Si impugnino davvero l’accetta e il bisturi, come dice l’inascoltato Oscar Giannino, per tagliare senza pietà o incidere con oculatezza, ma con un solo obiettivo: risparmiare.
Del resto, il dio spread continua a mangiarsi la nostra competitività ed è il primo segnale del fatto non che gli euro-cattivoni vogliono male all’Italia, ma che l’Italia vuole male a se stessa. Fino a che avremo un Paese che va a due velocità, con i contribuenti e i cittadini che hanno sempre meno e una spesa pubblica e dei partiti che vogliono sempre di più, o almeno non vogliono rinunciare a quello che hanno, il baratro tornerà ad avvicinarsi. Imprese e cittadini hanno già dato e continuano a dare: quando cominceranno a dare anche lor signori?