di Vera MORETTI
La riforma del lavoro subirà alcune modifiche, come conseguenza del “pressing” da parte delle imprese e di Confindustria, nella persona del presidente uscente Emma Marcegaglia, nonché di forze politiche, in primis Pierluigi Bersani, e rappresentanti delle PMI, con Marco Venturi, presidente di Rete Imprese Italia, in prima linea.
I cambiamenti riguardano i temi “caldi” della riforma, come, ad esempio, la questione spinosa delle partite Iva. A questo proposito, il testo originario del Ddl prevedeva che i contratti di consulenza diventassero collaborazioni coordinate e continuative e fossero trasformati in contratti a tempo indeterminato se il rapporto di lavoro durava da più di sei mesi.
Le imprese, invece, chiedono che i sei mesi diventino un rapporto pluriennale e il lavoro sia un regime di mono-committenza. Inoltre, che la postazione di lavoro debba essere, prevalentemente, nei locali del committente e che venga eliminata la clausola sulla trasformazione automatica del rapporto di lavoro.
Anche la questione dei contratti a termine è stata ampiamente discussa, e, in questo caso, le imprese vorrebbero eliminare l‘obbligo di causale per il primo contratto, che il ddl prevede solo per sei mesi. In pratica, il primo contratto a termine non andrebbe più motivato.
Lo scopo di tale richiesta è anche di rendere applicabile a tutti gli stagionali l’esenzione dal contributo aggiuntivo dell’1,4% (quello che va a finanziare l’Aspi), per ridurre i tempi fra un contratto e l’altro, e per non considerare nel computo dei 36 mesi (dopo i quali dovrebbe scattare l’assunzione a tempo indeterminato) i periodi di lavoro somministrato.
Si chiede, infine, che l’apprendistato possa essere applicato fino a 32 anni (e non 29) e che possa essere allungato da tre a quattro anni.
Nota dolente era anche quella dei licenziamenti, sui quali le imprese si sono mostrate contrarie su due punti. Per i licenziamenti disciplinari, perciò, è stata chiesta l’eliminazione del riferimento alla “sanzione conservativa” in base alla quale il giudice può decidere il reintegro (in pratica, si vuole limitare la discrezionalità del giudice di disporre il reintegro). Mentre per i licenziamenti economici, durante la fase di conciliazione obbligatoria, si pensa a una sorta di “moratoria” della malattia.
Emma Marcegaglia si è mostrata soddisfatta, considerando la questione di contratti a tempo determinato e partite Iva “due aspetti molto significativi” per le imprese mentre gli aggiustamenti sulla flessibilità in uscita sono minori e più tecnici.
In Bersani la presidente uscente di Confindustria ha visto “comprensione e anche condivisione” di alcune preoccupazioni, e ha concluso che su alcuni punti c’è l’accordo mentre su altri si è aperta una riflessione per “trovare soluzioni condivise“.
Bersani, dal canto suo, ha affermato che sono al vaglio alcune proposte per cercare soluzioni “che uniscano e non dividano” manifestando disponibilità su alcuni punti, insistendo sul concetto che l’impianto di fondo della riforma non va toccato.
Per Diego Della Valle (Tod’s), la modifica dell’articolo 18 “non era tra i più importanti per il mercato del lavoro, lo era invece come segnale ai mercati: gli imprenditori devono far sentire ai lavoratori di essere loro vicini“.