Ora che la riforma del lavoro è passata al Parlamento, vedremo quale testo uscirà dall’esame delle Camere.
Certo è che le “Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita”, così è indicata la riforma, hanno lasciato parecchi scontenti per strada. Era inevitabile, ma forse Monti stesso non pensava che le critiche più feroci gli sarebbero venute da quelle parti, imprese e banche, alle quali è sempre stato sintonicamente più vicino.
Detto della moderata soddisfazione di Cisl e Uil, della insolita apertura della Cgil e della ostinata ostilità della Fiom, dalle forze politiche di maggioranza è arrivato un sostanziale plauso mentre da Abi e Confindustria solo siluri. Alla Marcegaglia, in particolar modo, non è andato giù il dietro front sul reintegro del lavoratore in caso di licenziamento per ragioni economiche; un reintegro che, a detta di Monti, sarà limitato esclusivamente a “fattispecie molto estreme e improbabili“. Tanto che, secondo il premier, le imprese con il tempo capiranno. Intanto hanno capito che questa riforma lascia da parte i problemi veri, aumenta i costi del lavoro e penalizza le prospettive di investimento e di nuova occupazione.
Normale che, alla luce di questi ostacoli imprevisti, Monti stia pensando di chiedere la fiducia in Parlamento: poche modifiche, rapidità dell’iter, veloce conversione in legge.
Intanto, il giudizio dei mercati non pare essere positivo, contrariamente a quello della Commissione UE, che in una nota ha scritto: “Il Governo italiano sta dimostrando forte determinazione e impegno per affrontare la doppia sfida di consolidamento dei conti e crescita, i progressi fatti finora sono straordinari, e cruciale è ora l’adozione da parte del Parlamento della riforma del lavoro attesa da tanto“.
Di tono radicalmente opposto un totem dell’informazione mondiale come il Wall Street Journal, che ha scritto: “Gli ottimisti in Italia – ebbene sì, ve ne sono ancora – dicono che una riforma limitata è meglio di niente. forse. Tuttavia Monti è stato scelto per recuperare l’Italia dalla soglia di un abisso greco. La riforma del lavoro è una resa a coloro che la stanno portando laggiù“. Vedremo chi avrà ragione…