Il dramma dei suicidi tra gli imprenditori, che finalmente pare aver cominciato a godere dell’attenzione che merita, è la faccia più tragica di un altro fenomeno silenzioso ma devastante: quello della moria delle imprese.
Secondo un’indagine della Cgia di Mestre, un’impresa su due (il 49,6%) chiude entro i primi 5 anni di vita. I motivi di questa strage sono ben chiari a Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia di Mestre: “Tasse, burocrazia, ma soprattutto la mancanza di liquidità sono i principali ostacoli che costringono molti neoimprenditori a gettare la spugna anzitempo. E’ vero che molte persone, soprattutto giovani, tentano la via dell’autoimpresa senza avere il know how necessario, tuttavia è un segnale preoccupante anche alla luce delle tragedie che si stanno consumando in questi ultimi mesi”.
E la mente corre subito alle decine di suicidi tra i piccoli imprenditori che si sono registrati dall’inizio dell’anno: “Il meccanismo si sta spezzando – prosegue Bortolussi –; questi suicidi sono un vero grido di allarme lanciato da chi non ce la fa più. Le tasse, la burocrazia, la stretta creditizia e i ritardi nei pagamenti hanno creato un clima ostile che penalizza chi fa impresa. Per molti, il suicidio è visto come un gesto di ribellione contro un sistema sordo e insensibile, che non riesce a cogliere la gravità della situazione”.
La nota preoccupata della Cgia si chiude sottolineando l’importanza delle piccole micro imprese in chiave occupazionale. Se, come risulta da dati dell’Unione Europea, il 58% dei nuovi posti di lavoro è creato dalle imprese con meno di 10 addetti e se, come risulta dai dati Istat, il 60% dei giovani italiani neoassunti nel 2011 è stato assorbito dalle microimprese con meno di 15 addetti, il Governo non può non intervenire abbassando il carico fiscale sulle imprese e in generale sul mondo del lavoro. Esattamente la direzione opposta rispetto a quella presa dall’Esecutivo con le sue ultime misure, tra le quali la delega fiscale.