di Vera MORETTI
Le disgrazie non vengono mai sole.
Oltre al pagamento dell’Imu, che sappiamo potrà essere dilazionata in due o tre rate, è in arrivo una nuova tassa, che potremmo chiamare Imu 2, perché riguardante ancora la prima casa, ma che, questa volta, verrà riscossa dai Comuni.
Non si sa ancora a quanto ammonterà, né entro quando dovrà essere pagata, perché inserita all’ultimo momento nel decreto sulle semplificazioni fiscali, approvato giovedì dalla Camera.
La casa, dunque, l’unico bene su cui, si diceva, valesse la pena di investire, rischia di diventare un’arma a doppio taglio: dilemma per chi non ce l’ha ma anche per chi, magari con sacrifici e rate eterne, era riuscito a diventarne proprietario.
Servirà, come consolazione, sapere che questa ennesima tassa verrà utilizzata dai sindaci per finanziare asili, scuole, parchi, biblioteche, strade, parcheggi, ecc? Forse a poco, perché, in primo luogo, questa Imu-bis rappresenta un ulteriore sacrificio che i cittadini devono accettare.
Non si tratta, però, di una tassa del tutto nuova, perché era stata istituita dalla Finanziaria 2007 del Governo Prodi e che, di fatto, non era stata mai applicata, e che avrebbe dovuto corpire, anche se parzialmente, le opere pubbliche.
Ed ora, eccola tornare dal dimenticatoio dove era stata sepolta, e applicata non più per i cinque anni inizialmente previsti, ma per dieci, con il compito di finanziare il 100% delle opere, non più il 30, estesa anche alle prime case, mentre in origine non lo era.
Come l’Imu, ha la stessa base imponibile, la rendita catastale (innalzata del 60 per cento dal Salva-Italia), aliquota fino ad un massimo del 5 per mille.
Ad aumentare cono anche le opere finanziabili, estese anche a operazioni di restauro e conservazione di monumenti e palazzi storici, oltre che nuovi spazi per eventi, potenziamento del trasporto locale, arredi urbani significativi, giardini, musei.
Sono i sindaci che individuano le opere, scelgono l’aliquota e i tempi di imposizione ed emettono il regolamento che disciplina l’imposta. Il mancato inizio dell’opera, entro due anni dal progetto, impone la restituzione dell’imposta.