di Vera MORETTI
La notizia non stupisce, anche perché la cronaca, giorno per giorno, ci fa capire che ci troviamo davanti ad un fenomeno tristemente in aumento.
Se, infatti, la crisi economica ha causato, negli ultimi anni, un calo di vendite ed assunzioni, ha contribuito ad accrescere i licenziamenti e il precariato.
Ma non sempre si ha la forza di reagire e, quindi, il risultato, quando la disperazione prende il sopravvento e non fa intravedere nessuno spiraglio positivo, è quello più drammatico: il suicidio.
Se, infatti, già nel 2009 i suicidi per motivi economici avevano subito un’impennata ed erano arrivati a 357, nel 2010 sono stati ben 362, quasi uno al giorno.
Questi preoccupanti dati sono stati resi noti dal secondo rapporto Eures “Il suicidio in Italia al tempo della crisi”, che delinea una situazione particolarmente a rischio soprattutto nel Centro-Nord, con il Centro in crescita: un record che nessuno avrebbe voluto raggiungere.
La fascia più vulnerabile riguarda l’età compresa tra 45 e 64 anni, in particolar modo se si tratta di esodati e di coloro che hanno perso il lavoro, con poche speranze di ottenerne un altro a breve.
Sono soprattutto uomini, che, dal 2008 al 2010, sono aumentati del 45%, a conferma che il ruolo sociale maschile rimane molto forte, e spesso rappresenta l’unica risorsa economica di un’intera famiglia o, comunque, colui che porta in casa più soldi. E se viene a mancare il suo apporto, è difficile tirare avanti e trovare soluzioni alternative.
Le categorie colpite dalla crisi profonda che ancora non accenna a calare sono, ahimè, tutte: dai lavoratori precari o subordinati agli imprenditori che, vedendo sfuggirsi dalle mani il lavoro di una vita, rimangono senza niente e senza speranze. Tra i lavoratori autonomi, per entrare nel dettaglio, negli ultimi due anni si segnalano ben 343 suicidi nel 2009 e 336 nel 2010. In quest’ultimo caso, poi, i lavoratori in proprio (artigiani e commercianti) che si sono tolti la vita sono 192, mentre sono 144 gli imprenditori e liberi professionisti che hanno trovato nel suicidio l’unica, ultima soluzione al loro fallimento. Tra loro, il 90% è costituito da uomini.
Un fenomeno che, inoltre, sta diventando sempre più rilevante riguarda i suicidi nella fascia 45-64 anni (+5,8% nel 2010 rispetto al 2009 e +16,8% rispetto al 2008), anche perché, nel 2010, la disoccupazione ha colpito la popolazione della fascia 45-64 anni più delle altre, con un incremento del 12,6% (+13,3% nella fascia 45-54 anni e +10,5% in quella 55-64 anni), a fronte di una crescita complessiva dell’8,1%. E tra loro ci sono gli esodati, ovvero quei lavoratori usciti dal mercato del lavoro attraverso canali di protezione sociale e che l’attuale riforma Monti-Fornero del sistema pensionistico rischia di lasciare totalmente privi di reddito.
Ciò fa emergere un ulteriore dato: l’aumento dei suicidi che cresce più l’età aumenta. Perché, più l’età avanza, più cala la fiducia nel futuro.