di Davide PASSONI
Confcommercio ha suonato la sveglia: secondo il suo Ufficio Studi, noi italiani siamo il popolo più tassato del mondo e, di conseguenza, i nostri consumi sono finiti sotto ai piedi.
Il rapporto parla chiaro: “in Europa la pressione fiscale è oggi mediamente inferiore al valore della fine degli anni ’90. In Italia è superiore e si appresta a raggiungere, quest’anno, i massimi di sempre“. Eliminando dal Pil la quota derivante dall’economia sommersa, “la pressione fiscale legale, cioè quella gravante sui contribuenti in regola, raggiunge per l’Italia il 55%, portando il Paese al numero uno della classifica europea, e quindi mondiale“.
Cinquantacinque per cento! Lasciamo al fisco più della metà di quanto guadagniamo! Quando non di più, come nel caso degli imprenditori. E per avere in cambio che cosa? La qualità media dei servizi che lo Stato ci eroga, è sotto agli occhi di tutti…
Continua, impietoso, il rapporto: “Il salto indietro dell’Italia appare sempre più ampio: i consumi sono ai livelli del 1998, il Pil ai livelli del ’99. Non è più un decennio perso, ci avviciniamo al quindicennio“. Secondo Confcommercio “in assenza di manovre Iva nel 2011 avremmo osservato un incremento della spesa reale delle famiglie residenti pari allo 0,4%, invece del dato di consuntivo pari a 0,2. Per il 2012 la previsione sarebbe stata di -2,1%, invece dell’attuale -2,7%. Per il 2013 e 2014 avremmo previsto +0,1% e +0,7%, invece di -0,8% e +0,6%. Il 2013 è l’anno più colpito dalle manovre Iva, perché si cumulano gli effetti tanto dell’incremento del 2011 quanto, soprattutto, il pieno dispiegarsi delle conseguenze dell’incremento di ottobre 2012“.
Nello studio si afferma poi che senza crescita economica, per l’Italia il “prezzo” del fiscal compact, il trattato intergovernativo firmato da 25 Paesi dell’Ue (restano fuori Gran Bretagna e Repubblica Ceca) che dovrebbe entrare in vigore nel gennaio 2013, previa ratifica da parte di 12 paesi dell’Eurozona, “sarà elevatissimo, forse insopportabile“. Il trattato, è il monito, “è perfettamente compatibile con un progressivo impoverimento dei cittadini italiani“.
Impoverimento. Parola inesorabile, specialmente in bocca agli specialisti di Confcommercio. Nel rapporto, il direttore Mariano Bella sottolinea che in Italia “il tasso di investimento per unità di lavoro a tempo pieno è fortemente decrescente, almeno a partire dai primi anni 2000. Questo compromette le possibilità future di crescita“. Per Confcommercio “è necessario invertire tale tendenza e incrementare i livelli di investimento assoluti e per unità di lavoro“.
Le parole passano, le tasse restano. Anzi, aumentano.