di Vera MORETTI
Vivere in città? Non solo è più costoso, a cominciare dalla casa, ma la qualità della vita è peggiore rispetto alla vita di provincia, a causa di aria inquinata, strade sporche, traffico intenso e poco verde.
Nonostante il 27% degli italiani abiti in comuni con più di 250mila abitanti, dunque, la metropoli non è amica dei cittadini e, anzi, sembra a volte complicarne la vita. L’inefficienza dei servizi proposti, infatti, rende quasi impossibile amare il luogo in cui si vive.
E allora, che fare? Fuggire in campagna spesso non si può, e né lo si desidera, ma è provato che, nelle città in cui il terzo settore è più forte, la vita quotidiana è migliore.
Esempio lampante di ciò è Firenze, che grazie ad edilizia popolare e verde pubblico è diventata vivibile e a misura d’uomo, ma ricevono apprezzamenti soddisfatti da parte dei propri cittadini anche Bologna, prima per trasporti e mobilità, e Torino, che si aggiudica la medaglia d’oro per attività e strutture per il tempo libero.
Fanalini di coda sono Palermo, maglia nera per i trasporti, e Napoli, che ottiene il pollice verso per rifiuti, verde e tempo libero.
Sono questi i dati resi noti dal sesto rapporto sull’abitabilità delle città della Fondazione per la Sussidiarietà. Per conto della Fondazione, il Politecnico di Milano ha condotto lo studio Sussidiarietà e… città abitabile, che ha preso come campione dodici grandi città, tutte sopra il 250mila abitanti, che rappresentano complessivamente il 15% della popolazione italiana totale, ovvero: Roma, Milano, Napoli, Torino, Palermo e Genova, Bologna, Firenze, Bari, Catania, Venezia e Verona.
Pur provenendo da città diverse, i cittadini si sono trovati concordi nel bocciare la qualità dei servizi pubblici erogati. Il 60% è critico soprattutto per i pochi servizi per l’edilizia popolare, seguito, per il 56%, da trasporti e mobilità. Insufficiente anche il verde pubblico per il 51% e per il 46% la pulizia delle strade. La situazione sembra essere migliore per quanto riguarda le attività e le strutture del tempo libero, bocciate “solo” dal 44% degli intervistati.
A chi spetta il compito di risolvere questi problemi e migliorare i servizi? I cittadini non hanno dubbi: il Comune ed altri enti pubblici hanno la responsabilità dell’andamento, e quindi del miglioramento, dei servizi offerti dalla città.
Anche se, laddove sono presenti associazioni di famiglie e residenti, nonché cooperative e onlus, la qualità della vita cittadina migliora di gran lunga, soprattutto per quanto riguarda il tempo libero, 39,7% ma anche il verde pubblico, 30,6%.
Il presidente della Fondazione, Giorgio Vittadini, spiega così questa tendenza: “Da una parte si registra un ritorno di sfiducia nei confronti della dominanza della logica del mercato in questi settori. Dall’altra appare improbabile che l’intervento pubblico possa di per sé garantire l’abitabilità delle città. In questo contesto desta un rinnovato interesse l’ipotesi che la sussidiarietà, l’iniziativa libera di chi riconosce una specifica esigenza e si unisce ad altri per rispondervi, possa portare un contributo originale e insostituibile“.
Questo perché le associazioni sono più vicine alla vita di quartiere e comprendono più a fondo le sue problematiche, tanto da riuscire a risolverle in modo efficace.
Esempi concreti di ciò sono il Centro Pompeo Leoni a Milano, nato in risposta all’esigenza di trovare case a prezzi accessibili agli studenti universitari fuori sede, l’Amicobus di Torino, nato per accompagnare gli anziani invalidi. Oppure la storica Polisportiva Ponte Vecchio a Bologna e i Friarielli Ribelli a Napoli, gruppo spontaneo che ha reclutato adepti via Internet e rimesso a nuovo piazze diventate discariche. Perché la città partenopea non ci sta ad essere sempre il fanalino di coda.