di Vera MORETTI
La riforma del lavoro tiene banco, in questi giorni, tra i nostri ministri, e a ragione, perché si tratta di un intervento urgente.
Chissà, però, se all’ordine del giorno si terrà presente di uno spread del tutto particolare, e tristemente attuale: la differenza del 20% che divide lo stipendio di un uomo da quello di una donna.
Le donne, definite da tutti, uomini compresi, intelligenti e brillanti risorse senza le quali l’economia italiana non può funzionare. Ma siamo sicuri che non si tratti solo di economia domestica e nient’altro? Il sospetto, alla luce di questo dato preoccupante, è concreto.
Le pari opportunità delle quali si parla tanto dovrebbero affrontare la questione di questa gender pay gap che tocca il 19,9% e fa trovare, nella busta paga media di una donna, 1.104 euro e 1.379 euro in quella di un uomo, a parità di istruzione e tipo di lavoro.
Forse questa differenza non era stata considerata perché, più si sale di grado, e più si assottiglia, fino a raggiungere il 4% quando si arriva ai vertici. Ma, si sa, l’esercito delle lavoratrici, come dei lavoratori, è fatto soprattutto di impiegati e operai e per loro il divario è profondo e imbarazzante.
Se, dunque, l’Italia vuole mettersi in pari con l’Europa, deve considerare anche questo aspetto, e magari usare come esempio i Paesi del Nord, dove le leggi stanno aiutando considerevolmente le famiglie con figli, concedendo congedi retribuiti anche per i padri, dado così la possibilità, alle madri che desiderano continuare a lavorare, di recarsi in ufficio senza sensi di colpa.
Possiamo sperare in una svolta del genere anche da noi? In fondo, il ministro del lavoro attualmente in carica, con delega per le pari opportunità, è una donna, e quindi dovrebbe essere sensibile a questo argomento.
Se alle donne vengono riconosciute una maggiore empatia e capacità di “problem solving”, ministro Fornero, ci appelliamo alle sue capacità di donna per metterci in pari, al più presto, con i Paesi europei più civili.