Se la competitività tra i sessi gioca un ruolo fondamentale sul luogo di lavoro, il rischio è che essa si traduca in una competizione fra uomo e donna anche sotto il tetto domestico. In Italia crescono le coppie in cui lavorano sia lui che lei, secondo le stime dell’ultimo Rapporto sulla coesione sociale presentato da Ministero del Lavoro, Istat e Inps nei giorni scorsi.
L’Italia è però ancora molto lontana dall’adottare una politica di welfare aziendale che testimoni una reale parità fra i sessi: la retribuzione media femminile è infatti ancora minore (in media del 20%) rispetto a quella maschile, mentre in tema di congedi parentali, in 9 casi su 10 tocca alla donna assentarsi dal posto di lavoro.
Un passo in avanti nel tentativo di uscire dagli stereotipi di genere è stato compiuto da Inaz, azienda di oltre 400 addetti con sede a Milano, con il progetto Famiglia-Lavoro: “”Usiamo gli strumenti della flessibilita’ e della formazione – spiega la presidente e AD di Inaz, Linda Gilli – per gestire al meglio le situazioni individuali e mantenere la professionalità di chi si assenta per il congedo parentale”. “L’obiettivo – continua la Gilli – è incentivare il rientro dopo tre mesi, su base volontaria, seguendo sempre il dipendente durante l’assenza e applicando dove possibile il part-time e il telelavoro”.
Il progetto Inaz famiglia-lavoro prevede poi una serie di focus group, composti da dipendenti e da un Comitato Famiglia-Lavoro, che hanno lo scopo di sensibilizzare i colleghi a non considerare l’assenza per maternità o paternità alla stregua di un aggravio di lavoro e responsabilità. Impresa non facile perché si tratta “di cambiare mentalità radicate – continua la Gilli. – Bisogna superare stereotipi che mortificano sia le donne, viste solo nel loro ruolo di ‘brave mamme’, sia gli uomini, ritenuti incapaci di curare e crescere i figli piccoli”.
Lo scopo del progetto promosso da Inaz è stimolare il management a proteggere le competenze professionali e settoriali acquisite da ciascun dipendente anche e soprattutto durante il periodo di congedo. Occorre poi valorizzare le persone al rientro, attraverso opportuni percorsi di formazione che ne permettano il reinserimento in azienda dopo un periodo di breve o protratta assenza.
“La questione del lavoro femminile non e’ un problema esclusivo delle donne – conclude Linda Gilli – ogni lavoratore deve essere messo in grado di organizzare il proprio tempo e dare il meglio in azienda. Se questo si verifica, l’impresa può solo crescere”.