di Vera MORETTI
Il tema delle polizze si rivela spesso molto spinoso, soprattutto quando c’è di mezzo la giurisprudenza.
La recente sentenza 65/2012 della Corte di cassazione apporta ulteriori contributi alla giurisprudenza in tema di polizza fideiussoria a garanzia del recupero delle somme rimborsate tramite conto fiscale. In particolare, applicando la nozione di causa concreta, la Corte afferma la persistenza della garanzia anche in caso di inesistenza del rapporto tributario o del soggetto che invochi il rimborso e anche nell’eventualità di colpa dell’Amministrazione finanziaria.
La questione in particolare riguarda un contenzioso tra una società assicuratrice e l’Amministrazione finanziaria circa la validità della polizza in ipotesi di inesistenza dei debitori principali. Il supremo Collegio ha accolto il ricorso avverso la sentenza d’appello, che condannava l’Amministrazione alla restituzione delle somme versate dalla società, in ragione di polizze fideiussorie stipulate a garanzia di rimborsi erogati a mezzo conto fiscale con i legali rappresentanti di cooperative rivelatesi inesistenti.
Anche questa volta i giudici di legittimità sono stati chiamati a definire quale sia la natura e l’oggetto della polizza fideiussoria in esame e in che rapporto essa si ponga rispetto al modello tipico della fideiussione, dal momento che se entrambi sono strumenti posti dall’ordinamento con funzione di garanzia, peculiarità strutturali e contenutistiche ne distinguono il relativo regime giuridico.
La sentenza si è posta come obiettivo primario di sintetizzare in modo chiaro e coerente quelli che sono, in linea generale, gli aspetti strutturali e funzionali della polizza fideiussoria. In relazione alla configurazione dell’assetto negoziale, e sotto il profilo genetico-strutturale, la polizza fideiussoria è articolata in due distinti rapporti:
- uno tra contribuente e fisco, concernente l’obbligazione tributaria, i cui presupposti e la cui disciplina seguono le regole proprie del diritto tributario
- l’altro tra fisco e fideiussore, che trova il suo fondamento nella polizza fideiussoria e nella garanzia con essa prestata, precludendo al garante di sottrarsi all’adempimento richiestogli dall’Amministrazione finanziaria eccependo vicende inerenti al rapporto tributario.
Questa differenza può essere definita essenziale nella sua natura, ed è elemento normale ed essenziale del vincolo fideiussorio l’identità con l’obbligazione principale nella sua stessa quantità e nelle sue stesse condizioni.
C‘è anche da dire, però, che la polizza non mira a garantire l’adempimento dell’obbligazione del debitore principale ma ad assicurare al creditore la presenza di un soggetto solvibile in grado di tenerlo indenne dall’eventuale inadempimento del medesimo. Ciò dimostra il venir meno di uno degli elementi strutturali della fideiussione, vale a dire l’accessorietà dell’obbligazione del garante rispetto a quella del debitore principale, con conseguente slittamento verso il modello del contratto autonomo di garanzia e inadeguatezza del modello legale fideiussorio.
Il verdetto della Cassazione consegue, si è detto, all’applicazione della nozione di causa in concreto al contratto di polizza fideiussoria. La Corte individua la ratio della disciplina della procedura di cui al Dm 567/1993 nella celerità dell’erogazione del rimborso, che prevede il rinvio dell’Amministrazione, a un tempo successivo, dei controlli approfonditi, prevedendosi nella fase dell’erogazione la sola verifica di alcuni minimi requisiti formali, di cui l‘istanza del contribuente deve essere corredata, e della prestazione della garanzia, per il caso di non spettanza del rimborso eventualmente corrisposto.
Il carattere centrale della prestazione di garanzia consente, dunque, di individuarne la causa concreta nell’assicurare all’Amministrazione finanziaria non già il corretto adempimento dell’obbligazione tributaria sottostante alla richiesta di rimborso, ma esclusivamente l’effettiva spettanza di quest’ultimo, qualora effettuato in favore di colui che viene indicato in polizza.
La pronuncia è in linea con l’orientamento manifestato più volte in materia, per cui appare oggi predicabile un’interpretazione del concetto di causa che, sul presupposto della obsolescenza della tesi che la configurava come strumento di controllo della sua utilità sociale, affonda le proprie radici in una serrata critica della teoria della predeterminazione causale del negozio ricostruendo tale elemento in termini di sintesi degli interessi reali che il contratto stesso è diretto a realizzare.