Odore di pane appena sfornato anche la domenica. E’ una delle ipotesi allo studio nel nuovo pacchetto di misure per la semplificazione, che prevede la fine dell’obbligo di chiusura domenicale e nei giorni festivi dei forni. L’Associazione di categoria Assopanificatori fa luce su quello che potrebbe significare l’eventuale apertura no-stop nel già ‘variegato’ mondo dei panificatori.
Come dichiara infatti a LABITALIA Mario Partigiani, presidente di Assopanificatori (Confesercenti), “la situazione nel nostro settore è un po’ varia, perché nei posti di villeggiatura, per esempio, è già prevista l’apertura 7 giorni su 7, così come è sempre aperto nei litorali d’estate o in montagna d’inverno”.
“Per i laboratori, l’apertura domenicale -spiega Partigiani- comporterebbe, e questo è solo il presupposto, un aumento del costo della manodopera dal 30 al 50%. Si tratta, innanzitutto, di un problema economico. Perché, di conseguenza, aumenterebbero i prezzi per la clientela: qualcuno, è ovvio, dovrà pur pagare gli aumenti”.
“Lei andrebbe a comprare il pane la domenica che costa 50 cent in più?”. Domanda retorica, quella che pone Partigiani, convinto del fatto che nessuno sarebbe disposto a spendere più soldi, specie in questo periodo, per un bene che “si può comprare il sabato e che può aspettare fino al lunedì”. Anche perché il pane non rappresenta più un alimento indispensabile nella dieta quotidiana, come spiega il presidente di Assopanificatori: “C’è un calo dei consumi di circa il 30%; la popolazione non mangia più pane come lo mangiava prima, spilucca e, più che per il pane, opta per altri prodotti più ‘sfiziosi’.
“Io penso che la liberalizzazione -continua Partigiani- non ci toccherà più di tanto. Questo perché solo alcune zone turistiche e i centri di passaggio, oppure la grande distribuzione, le gallerie e i centri commerciali potranno tentare l’apertura domenicale. Ma non ci sarà -dice- una forte concorrenza: chi andava nei centri commerciali prima -spiega- continuerà a farlo, mentre chi è abituato ad andare nei negozi ‘sotto casa’, dal fornaio al macellaio, non cambierà le proprie abitudini”.
Non è indifferenza quella che trapela dalle dichiarazioni di Partigiani, ma “abbiamo lottato -dice- per avere la festività, una giornata di riposo per recuperare, e oggi mi sembra che stiamo tornando indietro. Ci si ricrederà, però, perché lavorare 7 giorni su 7 è pesante, e solo in pochi possono permettersi personale per fare i turni”.
Fonte: adnkronos.com