Può un “povero” permettersi un’auto di lusso? E’ quanto ci si chiede apprendendo che, a discapito della crisi e dei pochissimi ricchi “dichiarati”, sono più di 200.000 le supercar vendute in un anno.
I dati parlano chiaro: il livello della pressione fiscale, in Italia, ha raggiunto il 43,4% e ricade soprattutto sui redditi da lavoro e da pensione che contribuiscono al reddito Irpef per l’86,2%.
Esaminando le dichiarazioni dei redditi del 2010 salta all’occhio un dato emblematico: i soggetti che dichiarano piu’ di 200.000 euro (0,17% del totale) sono per il 58,8% lavoratori dipendenti, per il 27,7% pensionati e per il rimanente 13,7% contribuenti che dichiarano altri tipi di redditi.
Ma, se i “ricchi” costituiscono lo 0,17% della popolazione, perché aumenta sempre più l’acquisto dei beni di lusso? Le auto di fascia superiore, in questa statistica, rappresentano la fetta più consistente, poiché ne sono state vendute 260.000 solo nel 2010, per un prezzo medio di 103.000 euro. E chi può permettersi di sfrecciare su uno di questi “bolidi” deve rientrare tra i 71.989 contribuenti che hanno dichiarato al fisco più di 200.000 euro. Ma, cifre alla mano, ne mancano un bel po’, per arrivare a 260.000 modelli venduti. E quindi: come fanno gli altri 137.011 possessori di Ferrari, Lamborghini, Mercedes, Bmw e Audi a possedere auto che valgono metà del loro reddito annuo?
Considerato che i “non ricchi” dichiarano meno di 35.000 euro e, tra loro, meno di 15.000 euro l’anno, dovrebbero usare lo stipendio di dieci anni per potersi permettere un’auto di lusso.
Le incongruenze continuano: i proprietari di discoteche, centri benessere e istituti di bellezza, hanno dichiarato addirittura perdite. I negozi di abbigliamento e calzature un reddito molto più basso: 8.000 euro. Fino ad un massimo dei bar (16.200 euro) e degli orafi (16.300 euro). E in tutti questi casi si tratta di cifre annue inferiori allo stipendio di un lavoratore dipendente.
Tutto ciò la dice lunga sull’evasione fiscale del nostro Paese, la cui base imponibile ammonta a circa 200 miliardi di euro, mentre le imposte evase supererebbero ormai i 100 miliardi di euro. Stima rilevante ma giudicata prudenziale da tutti gli altri studi che ritengono che il livello dell’evasione fiscale superi i 130 miliardi di euro.
Per ovviare a questo problema, che evidenzia come la macchina del fisco produca effetti di iniquità ed inefficacia, la Uil chiede di varare un Forum nazionale che si impegni ad “affermare la legalità fiscale del nostro Paese“ con provvedimenti che portino ad una svolta, in questo periodo di crisi assolutamente necessaria.
Tra questi, ad esempio, la tracciabilità per le operazioni sopra i 500 euro, ma anche l’incrocio tra le banche dati dell’Amministrazione finanziaria, Enti locali e servizi pubblici, nonché il potenziamento delle procedure e degli strumenti di controllo e il rafforzamento del contrasto di interessi.
Solo così ci sono speranze di risollevare l’economia collassata del Belpaese, perché potrebbe essere proprio la leva dei fisco a far ripartire la crescita. E ne avremmo davvero bisogno
Vera Moretti