La cosa più importante? La famiglia. No, non è un refrain in stile “Il Padrino“, ma è un dato di fatto che si riscontra nel mondo dell’impresa italiana, piccola e media. Anche nelle difficoltà economiche dell’ultimo triennio, infatti, le imprese familiari hanno dato il contributo più significativo all’occupazione, come rileva la terza edizione dell’Osservatorio AUB su tutte le aziende familiari italiane di medie e grandi dimensioni. L’Osservatorio è stato realizzato da Guido Corbetta, Alessandro Minichilli e Fabio Quarato della Cattedra AIdAF-Alberto Falck di Strategia delle aziende familiari della Bocconi in collaborazione con AIdAF (Associazione italiana delle aziende familiari), gruppo UniCredit e Camera di Commercio di Milano.
L’Osservatorio analizza le aziende italiane con un fatturato superiore ai 50 milioni di euro (che sono 6.816) e si sofferma sulle caratteristiche e le performance di quelle a controllo familiare (3.893, il 57,1% delle medio-grandi imprese italiane, ridotte 2.423 dopo l’eliminazione delle sovrapposizioni dovute agli intrecci proprietari).
Nel periodo 2007-2009 le imprese familiari hanno accresciuto il numero di dipendenti del 12,1%, rispetto ai risultati più modesti di cooperative e consorzi (+3%) e coalizioni (+2%) e a quelli negativi di filiali di multinazionali (-4,2%), aziende statali (-10%) e controllate dal private equity (-14,3%).
Anche se il numero di imprese familiari di medio-grandi dimensioni si è ridotto, nell’ultimo anno, di 328 unità, le aziende familiari si sono dimostrate più resistenti di altre a operazioni straordinarie (solo 200 aziende ne sono state coinvolte) e solo nel 58,5% dei casi si trattava di operazioni di M&A (81% per le multinazionali, 75% per quelle a controllo statale; 68% sia per le coalizioni che per cooperative e consorzi).
Lazio, Puglia, Sicilia e Trentino Alto Adige, in controtendenza rispetto al dato complessivo, hanno visto aumentare il numero delle aziende familiari; le flessioni maggiori si sono riscontrate in Toscana, Friuli Venezia Giulia, Umbria e Abruzzo. Le regioni con le performance reddituali migliori sono Lombardia, Veneto, Liguria, Toscana, Lazio, Abruzzo, Campania.
Le aziende familiari sono tra quelle che hanno accusato di più la crisi, ma che sembrano aver risposto meglio ai primi segnali di ripresa. Nel 2010 hanno registrato una crescita del 7%. Anche la redditività è tornata a crescere nel 2010, attestandosi però ancora a livelli inferiori a quelli pre-crisi: il ROI è cresciuto dal 6% al 7,2%, ma nel 2007 era al 9,8%, mentre il ROE è cresciuto dal 4,3% al 6,7%, ma nel 2007 era al 10,7%.
Resta critico l’indebitamento, con oltre la metà delle imprese che denuncia un rapporto tra posizione finanziaria netta ed Ebitda superiore alla soglia d’allarme di 4, e una media che si attesta ben al di sopra (6,4). Il dato è però controbilanciato da due novità positive: l’incremento delle aziende con disponibilità liquide in eccedenza rispetto ai debiti finanziari (dal 16,3% del 2008 al 19,4% del 2010) e la riduzione delle aziende con Ebitda negativo (solo il 4,1%).
“La sfida che le imprese familiari dovranno affrontare nei prossimi anni – sottolinea Guido Corbetta, titolare della Cattedra AIdAF-Alberto Falck di Strategia delle aziende familiari – è quella della complessità. Le imprese familiari tendono a mantenere strutture proprietarie e gestionali piuttosto semplici, forti dei buoni risultati che queste conseguono. Quando la strategia si fa più complessa, anche la struttura deve diventare più complessa rendendo necessari innesti manageriali dall’esterno, che tuttavia occorre imparare a saper gestire con equilibrio“.