Più spazio alle donne e ai giovani per superare l’attuale crisi. Sono queste le priorità espresse dal neopremier Mario Monti durante il suo discorso alle Camere, prima del voto di fiducia. L’obiettivo è trovare soluzioni che garantiscano un più facile accesso alle donne nel mondo del lavoro, in particolare per le mamme e le neomamme. Anche se è di oggi la notizia di un’infermiera che in 9 anni ha lavorato solo 6 giorni grazie a finte maternità, l’impegno di Monti è volto a trovare soluzioni alle “difficoltà di inserimento o di permanenza in condizione di occupazione delle donne”.
Ma quali sono le proposte?
Abbassare l’imposta pagata dalle lavoratrici, con corrispondente innalzamento per gli uomini, in modo da ridurre il costo del lavoro per le aziende che assumono donne. Questa iniziativa dovrebbe favorire l’accesso al mondo del lavoro da parte delle donne. Alzando di un punto percentuale l’Irpef degli uomini e abbassando corrispettivamente quella femminile si avrebbe un gettito fiscale invariato, ma di stimolo per l’assunzione “in rosa”. L’idea alla base d questo progetto nasce da un lavoro di due economisti, Alberto Alesina e Andrea Ichino.
Numerosi i riscontri favorevoli a questa iniziativa: l’aumento dell’imponibile sul lavoro maschile incrementa il gettito fiscale, ma non intacca la forza lavoro degli uomini, non causando cioè licenziamenti. Dall’altro lato, se si aumenta il numero delle donne impiegate a un’aliquota inferiore, si assiste ad una riduzione del costo del lavoro per le aziende, laddove il gettito fiscale rimarrebbe invariato.
Esistono però dei limiti a tale proposta. La disoccupazione femminile in Italia, la più alta in Europa, non è legata al costo del lavoro, ma è quanto più un deficit di tipo culturale. Il rischio per un’azienda che decida di assumere una donna al posto di un uomo è che la donna potrebbe lasciare temporaneamente il posto di lavoro per maternità. Inoltre, i maggiori problemi legati alla disoccupazione femminile sono riscontrabili nel Mezzogiorno, dove le famiglie in cui lavoro solo l’uomo sono più numerose. Un aumento dell’imponibile sul lavoro maschile colpirebbe dunque la capacità di spesa delle famiglie.
Una medaglia dalla doppia faccia, dunque la proposta avanzata dal nuovo governo Monti. Più facilmente attuabili appaiono invece le iniziative legate al sostegno alla famiglia per favorire il rapporto tra donne e lavoro. Qualche esempio? Garantire un accesso più facile agli asili nido e allungare il tempo scolastico. Ma siamo appena all’inizio, e la sfida si preannuncia difficile.
Alessia Casiraghi