Il posto fisso, ormai, è diventato una chimera, un lusso che in pochi riescono ad ottenere. E allora, invece di “mettersi in lista d’attesa” tra contratti a progetto e a tempo determinato, in tanti decidono che “non ci stanno” e si avviano ad ingrossare le fila dell’esercito delle partite Iva.
Succede anche in Puglia, segnale che in tutta Italia la tendenza è la stessa e si comincia a sottrarsi ad una burocrazia che aiuta solo certi fortunati, o meglio, certi raccomandati. Ci si rimbocca le maniche e si riparte da zero, artefici unici del proprio successo, o insuccesso. Questa soluzione non garantisce stabilità, almeno all’inizio dell’attività intrapresa, ma una precarietà che appare più accettabile rispetto a quella eterna da dipendenti.
Sono questi i dati che emergono dalla semestrale di Bankitalia circa l’andamento dell’economia, e che disegnano una regione molto diversa, dove difficoltà e disagi sono molti ma, a differenza del passato, in movimento e con uno spiccato sguardo al futuro.
Vincenzo Umbrella, direttore della sede barese dell’istituto centrale, descrive la sua regione come “il Nord del Sud”, con un mercato del lavoro che sta mostrando segni di ripresa, anche se non esaltanti, ma che, dall’alto del +1,9%, spera di rialzare presto la testa. In cifre, si tratta di 23mila unità in più nel semestre da gennaio a giugno, con un conseguente abbassamento, anche se solo di un punto, del tasso di disoccupazione, da 13,6 a 12,7.
Ciò che testimonia un’inversione di tendenza nel tacco dello Stivale è l’identikit dei nuovi occupati. Sono tutti autonomi e, rispetto all’anno scorso, sono aumentati del 6,8%, con una maggioranza di donne, 3,3%, sugli uomini, 1,2%.
I dipendenti, ovviamente, non sono spariti nel frattempo, ma neanche cresciuti. L’andamento, da questo punto di vista, registra un eloquente 0%.
Insomma, la situazione non è rosea ma nemmeno nera. La produzione industriale si sta risollevando, poiché il 40% dei titolari di 400 imprese con più di 20 dipendenti ha ammesso un incremento di fatturato, contro il 32% che, invece, ha riscontato una flessione. In questo scenario, è l’export a fare la differenza, dal momento che le esportazioni verso l’estero sono aumentate del 22%, contro il 17,3% degli scambi tra le regioni meridionali e il 15,8% all’interno del Paese.
A “tirare” di più, il settore siderurgico, i mezzi di trasporto e i prodotti farmaceutici, ma tengono bene anche abbigliamento, calzature e mobili.
Tra i Paesi esteri, spiccano le vendite in Spagna e in generale in tutta l’Ue, ma risultati positivi arrivano anche da Svizzera e Asia, raddoppiando le cifre dello scorso anno. Al contrario, diminuiti gli scambi con gli Stati Uniti.
Nel settore dedicato ai servizi, invece, spiccano il turismo, con un sensibile aumento degli stranieri, e i trasporti, sia nei porti, che registrano un +12,3%, e negli aeroporti, +16,5%.
In situazione statica si trovano le costruzioni, con le transazioni immobiliari che calano del 5% e i prezzi delle case al netto dell’inflazione al consumo che scendono dell’1,4%.
Male invece le opere pubbliche, con un negativo del 20,6%, ma anche le banche non se la passano bene, a causa di tassi di interesse troppo alti che scoraggiano l’accensione di mutui e finanziamenti. Per questo, conclude Umbrella, “il denaro torna a essere una merce molto rara“.
Vera Moretti