La simulazione può avvantaggiare le imprese garantendo un processo di verifica e controllo puntuale in grado di anticipare bisogni e correzioni, senza che questi divengano un problema durante l’introduzione nel mercato reale. Il virtuale corre a vantaggio tanto dell’industria quanto della distribuzione con un impatto poco costoso, affidabile ed efficiente attraverso processi strutturati che permettono di studiare dettagliatamente il comportamento degli acquirenti durante l’intero percorso di “shopping” nel senso allargato del termine. Nel concreto le variabili che il metodo del virtual inside shopper permette di calibrare sono le posizioni dei prodotti, la sensibilità alle differenze di prezzo dell’acquirente, l’ottimizzazione della comunicazione nel punto vendita, nuovo packaging e in generale l’impatto che ogni modifica alle abitudini di acquisto e vendita possono suscitare.
Nel dettaglio per Virtual Instore Shopper si intendono simulazioni d’acquisto tridimensionali, in ambienti virtuali realistici che riproducono il punto vendita reale. Il consumatore è lasciato libero di muoversi all’interno dello spazio, soffermarsi sui prodotti, scegliere se acquistare o meno la merce. Ogni movimento, azione, titubanza dello shopper è monitorato e registrato al fine di dar vita a dati aggregati con cui effettuare stime riguardanti le vendite e l’impatto delle variabili considerate.
Si tratta di uno strumento ampliamente utilizzato in Corea, India, America, Giappone già dagli Anni ’90 (le prime sperimentazioni riguardano la Harvard Business School, University of Pennsylvania’s Wharton School, Indiana University in Bloomington) e da poco anche in Europa con soddisfazione. Il vantaggio principale è il contenimento dei costi, ma a sostegno della tecnica vi sono la facilità di elaborazione dei dati, che permette di realizzare statistiche, grafici, trend molto più dettagliati rispetto a quanto accadrebbe con l’impiego di test sostenuti da shopper test reali. In Italia, la metodologia rimane ad appannaggio di pochi per una scarsa conoscenza, per una errata sottovalutazione degli strumenti e per l’idea che i comportamenti degli acquirenti nel mondo virtuale si discostino di molto dalla realtà.
L’acquisto virtuale è fuorviante? Affatto. Dai test effettuati su un campione online di 600 consumatori in Italia è stata dimostrata l’elevata correlazione con i dati riferiti ad esperienze reali d’acquisto registrati dall’Iri nel 2010 a dimostrazione del valore predittivo che la virtual shopper methodology può avere. Nel 44% dei casi lo scostamento tra virtuale e reale non ha superato l’1,4% dello share dei singoli brand, nel 33% inferiore addirittura allo 0,7%.
Esempi di successo
Uno dei maggiori player nel mercato ad utilizzare tale tecnica è Nestlè. Recentemente l’azienda ha investito 1 milione di sterline per estendere il suo “simulated shopping centre nel Regno Unito. Il centro localizzato in York, fornisce ai rivenditori l’opportunità e le strategie per ottimizzare le vendite nei negozi. E’ stato costruito nel 2008 e contiene oggi tutti i prodotti Nestlè per fornire un’esperienza di acquisto simulato completa; i vertici affermano che nel centro sono stati ospitati nei primi 18 mesi ben 355 rivenditori riuscendo a generare più di 20 sterline derivanti dagli incrementi delle vendite, dopo lo sviluppo di stategie nuove grazie alle simulazioni. Stesso successo per il centro con base in Francia installato nel 2000. Arnaud Marie, Corporate and Sales Development Manager per Nestlé Francia, descrive così come funziona: “Lo Shopper Experience Centre è uno strumento importante, basato su ricerche di mercato di alto livello che permettono di targetizzare con successo specifiche categorie di prodotti garantendone la crescita”.
Oltre a Nestlè, un grande marchio che ha adottato tale strategia è Pepsi. L’azienda ha utilizzato tale tecnologia in particolare per studiare un nuovo menu elettronico presso i fast food più immediato che permettesse di ridurre le code e garantire l’acquisto dei prodotti reclamizzati. La recente aggiunta della tecnologia per la realtà virtuale permette di dimostrare una maggior attenzione per il punto vendita, curando aspetti che prima venivano trascurati perchè erroneamente non considerati relazionati con l’esperienza d’acquisto. Un vantaggio competitivo che può fare la differenza con i competitor e tradursi in un incremento sostanziale di fatturato. Lorien Consulting è tra le prime aziende a introdurre questa metodologia nel nostro Paese. Sul loro sito si possono trovare informazioni al riguardo www.lorienconsulting.it e vengono descritte le possibilità di creare un negozio virtuale realistico per effettuare le proprie valutazioni.
Mirko Zago