Esclusione dagli studi di settore le PMI che prima della manovra finanziaria rientravano nei regimi minimi. E’ la richiesta fatta al governo dal deputato leghista Gianluca Forcolin. Lo scopo è di evitare di penalizzare i piccoli imprenditori, artigiani e commercianti già gravati dalla crisi e che fino al luglio scorso potevano beneficiare dei regimi minimi.
Con l’approvazione della nuova Finanziaria il regime dei minimi è scomparso, per essere sostituito da un “Regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità“. Ma se prima della finanziaria il regime dei minimi riguardava il 96% dei contribuenti di tale fascia, oggi il nuovo regime fiscale di vantaggio riguarda meno del 5% dei precedenti beneficiari. Il regime dei minimi era infatti esteso alle imprese che rientravano nella fascia contributiva limite di 30.000 euro all’anno di fatturato.
Il nuovo “Regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità” favorirà infatti i giovani imprenditori, fino ai 35 anni d’età, e le imprese di nuova costituzione, quelle cioè create prima del 2008, per un periodo massimo di 5 anni. L’obiettivo è quello di favorire l’imprenditoria giovanile e le start up italiane. Ma l’esclusione dal regime di vantaggio degli ex contribuenti appartenenti al regime dei minimi obbligherà tali aziende a sottostare agli Studi di Settore, comportando un aumento significativo delle tasse a loro carico che potrebbe portare in alcuni casi alla chiusura dell’azienda.
Per evitare aumenti drastici a carico di lavoratori autonomi, professionisti e piccoli esercenti, il Fisco ha però concesso alle imprese con un basso ricavo, ovvero sotto i 30.000 euro all’anno (gli ex regimi minimi per intenderci) o con investimenti sotto i 15.000 euro al triennio un prelievo fiscale agevolato. Le imprese a basso livello di ricavo dovranno infatti versare al Fisco il 20% dei redditi prodotti, ma saranno esentati dal versamento dell’Irap e esonerati dagli obblighi Iva.
Alessia Casiraghi