Il condono costa di più al cittadino o allo Stato? Secondo un studio pubblicato da Il Sole 24 Ore il condono, edilizio o fiscale che sia, “costa all’Erario e ai Comuni assai più che al contribuente. Non tanto e non solo per le spese amministrative, che comunque pesano, ma soprattutto per la rinuncia al gettito ‘regolare’ che deriva dall’applicazione della sanatoria”. Negli ultimi 5 anni con le varie sanatorie applicate a fini fiscali o edilizi lo Stato ha perso 860 miliardi di euro. E, facendo un ulteriore salto indietro nel tempo, tra il 1980 e il 1997 la rinuncia al gettito regolare sarebbe costata allo Stato ben 883 miliardi, contro un guadagno di 22,3 miliardi derivanti dalle sanatorie per il condono previdenziale.
Il condono in Italia, un’operazione che non ha eguali in nessun altro Stato Europeo, rappresenta inoltre un costo per lo Stato in termini amministrativi: le energie investite dall’Agenzia delle Entrate per l’analisi e la gestione delle domande di condono hanno impedito infatti di focalizzarsi sulle attività di accertamento fiscale. Condono e illegalità fiscale, che molto spesso si trovano a camminare a braccetto. Con la ripetuta incitazione all’illegalità infatti, che è implicita ad ogni nuovo condono, il fenomeno dell’evasione fiscale non può in alcun modo essere limitato. A soffrirne per i primi i conti pubblici, impossibilitati a far fronte al debito pubblico.
Altra piaga inalienabile, l’evasione: molto spesso c’è chi versa solo la prima rata dell’oblazione, in modo da avviare la pratica, salvo poi sparire. Come a Roma, dove sono circa 6 000 le pratiche pronte e mai ritirate.
Risultato? Continui e sempre più pressanti tagli ai bilanci dello Stato, aumento delle tasse, eliminazione delle agevolazioni fiscali. A rimetterci come sempre le fasce più deboli della popolazione, che necessitano maggiormente dell’assistenza pubblica e sociale da parte del Comune di appartenenza.
A.C.