L’Iva al 21% preoccupa il mondo dell’auto


Non si spengono le polemiche e le perplessità suscitate dalla nuova manovra finanziaria. Questa volta a levare la propria voce di protesta è il settore dell’auto, preoccupato per i possibili contraccolpi che la decisione delle ultime ore di alzare l’aliquota ordinaria Iva al 21%.

Questa mattina il presidente di Federauto, l’associazione che raggruppa i concessionari ufficiali di tutti i marchi automobilistici commercializzati in Italia, Filippo Pavan Bernacchi auspicava “che non si percorressero le strade più facili come aumentare l’IVA, perché si metterebbe mano nelle tasche dei cittadini e si comprimerebbero i consumi, specialmente su beni costosi come immobili e autoveicoli. L’invito al Governo del presidente era a chiudersi in conclave, insieme alle parti sociali più significative, all’opposizione e ai maggiori attori coinvolti e di uscire con una manovra il più possibile condivisa ma, soprattutto: definita e definitiva. Se ci troviamo in queste condizioni di mancata crescita del PIL, mancata ripresa, debacle occupazionale, mancati introiti fiscali – precisava la nota di Federauto – è anche perché nessuno ha ancora voluto affrontare il rilancio del comparto della mobilità che in Italia fattura il 12% del PIL e interessa, nella sua globalità allargata, 1.600.000 lavoratori. Con impatti trasversali su circolazione, sicurezza e ambiente“.

Pavan ha inoltre avanzato alcune proposte per ripartire lo sforzo che in questo momento si rende necessario per la ripresa economica: l’eliminazione del doppio costo della Motorizzazione e del PRA e la cancellazione dell’aumento dell‘Imposta Provinciale di Trascrizione (IPT), che si ripercuote sempre sui cittadini per alimentare enti a suo parere inutili, ma è anche il parere di molti italiani, quali le Province.

Conclude la nota diramata stamani: “Si invita il Governo ad adottare quanto condiviso con gli attori dell’auto nell’apposito tavolo, perché aumentare questa imposta fino all’80% sarebbe profondamente ingiusto, soprattutto per i ceti più deboli che acquistano utilitarie“.

Alessia Casiraghi