Il settore nautico, a parte le barche di lusso, sta conoscendo un momento di grave difficoltà.
Quello dei piccoli costruttori di barche è un settore caratterizzato principalmente da lavoratori artigianali, non in grado di reggere la concorrenza del mercato estero. Per questo, si tratta di un ambito che guarda soprattutto al mercato interno, che quest’anno non naviga certo in acque sicure.
Dati alla mano, infatti, in Europa, quello italiano è il mercato che ha perso di più, dal momento che, con una crisi così forte in atto, l’acquisto di una piccola imbarcazione è in fondo alla lista della spesa del ceto medio italiano. Questo è quanto riferisce Umberto Capelli, consigliere di Ucina Confindustria Nautica e titolare dell’omonimo cantiere di Spinadesco Cremona.
Il comparto della nautica “popolare” ha subito una flessione del 20% rispetto al 2010 ma nonostante ciò la presenza delle aziende artigianali al Salone Nautico di Genova non è in discussione, perché l’esclusione significherebbe uscire dal mercato e perdere qualsiasi possibilità di ripresa.
La stasi delle vendite è da ricondursi, oltre all’evidente perdita di potere d’acquisto da parte dei potenziali clienti, alla problematica gestione post-acquisto: a cominciare dalla difficoltà di trovare posti barca in porti che privilegiano imbarcazioni più grandi e, quindi, latrici di un maggiore movimento di denaro, fino all’assenza di porti a secco, per via dei vincoli demaniali, e, come spesso ricorda il presidente del Coni Genova Carlo Nicali, l’assenza di scivoli a mare pubblici che consentano il varo dell’imbarcazione a costo zero.
Tutto ciò, non può che scoraggiare l’acquisto di una barca, anche nei casi in cui rappresenta il vero e proprio oggetto del desiderio.
Vera Moretti