La difficoltosa situazione libica non sta colpendo solo le grandi aziende italiane e internazionali che operano nel territorio nord africano ma anche una decina di piccole e medie imprese nazionali. Paolo Romani, ministro per lo Sviluppo ha affermato che il governo sta valutando di elaborare un emendamento a favore delle imprese che hanno subito danni.
Secondo la Camera di commercio italo-libica le aziende italiane che hanno regolari rapporti con Tripoli sarebbero circa 600, ma di queste risulta a Reuters che solo una cinquantina ha recentemente lamentato alle autorità competenti rischi o problemi.
In testa alla lista ci sono: Architects, Bio Agri Trade, Brunengo, Edilbono, Gem Elettronica, Gemmo, Luilor, Metalprint, Nico, Tai Milano, Technarredi, Sicon Oil & Gas, Sarplast, Siad. Tra i problemi più lamentati ci sono la mancata riscossione di crediti ma non solo. Vi sono anche problemi bancari (diversità di comportamento da parte di istituti italiani sull’accettazione di pagamenti da parte libica; oppure la richiesta da parte delle banche di restituzione di prestiti erogati per investimenti in Libia) e problemi previdenziali (l’impossibilità di accedere alla cassa integrazione per i lavoratori rientrati dalla Libia in questi mesi di guerra).