Secondo una ricerca realizzata dall’Osservatorio Consiglio nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori (Cnappc) – Cresme e relativa a 600 rilevazioni distribuite tra gli Ordini di Milano, Como, Treviso e Bari la situazione che stanno affrontando gli architetti è assai grave (la peggiore di sempre secondo il 37% degli intervistati, dall’altro lato il 19% è ottimista e considera la situazione un’occasione di trasformazione).
Sono i dati a mostrare quanto la situazione sia difficile: un architetto su cinque riscontra una perdita di circa un quarto del proprio fatturato tanto per il 2009 quanto per il 2010. Nonostante ciò è elevata la disparità tra chi perde e chi guadagna: il 3,6% ha visto aumentare il proprio giro d’affari nel 2009 di oltre il 25% e nel 2010 questa percentuale è salita al 6,8%. Nell’altro versante troviamo un 11% che nel 2009 dichiara di aver perso tra il 5 e il 25% del fatturato e nel 2010 tale percentuale sale al 17%. Riassumendo è il 40% degli architetti a soffrire la crisi, mentre il 35% resiste a fronte di un 25% che riporta una crescita.
Positive sembrano essere le percentuali relative alla crescitadella riqualificazione del patrimonio residenziale e progettazione di impianti per il risparmio energetico, nonostante molto negativa sia la situazione invece delle attività di progettazione di nuove costruzioni (il calo percepito nel 2010 è sentito dal 54% degli intervistati).
Anche il “piano casa 2”, relativo agli ampliamenti del patrimonio esistente, è percepito in crescita nel 2010 per il 28,8%. Problemi importanti continuano ad essere l’insoluto e i ritardi nei pagamenti. Basti pensare che i tempi per i pagamenti da parte degli enti pubblici sono passati dai 100 giorni del 2008 ai 140 del 2010. Quasi duplicati i tempi di pagamento delle imprese (da 63 a 119).
Lorenzo Bellicini, direttore del Cresme afferma: “la cosa che colpisce di più, nell’indagine che abbiamo condotto, non è solo quella della dimensione della crisi, della riduzione del fatturato, dei tempi lunghi di pagamento e dell’insoluto che disegnano un quadro che dovrebbe essere meglio valutato, per la sua criticità, dalla politica – le professioni, si può dire, se la devono sempre cavare da sole – ma è sopratutto la consapevolezza, da parte degli stessi architetti, che questa crisi vuol dire trasformazione. Inoltre dalle risposte emerge come la conoscenza sia posta al centro della competizione di un mercato che va verso l’energy technology, il partenariato pubblico e privato, il facility magement, i nuovi materiali e le forme nuove del processo edilizio. In sostanza è la consapevolezza che la crisi penalizza chi sta fermo e non è in grado di evolvere il proprio modello di offerta attraverso un maggiore livello di sapere.” In primavera è atteso un nuovo studio preliminarmente all’idea di istituire osservatori permanenti.
Mirko Zago