Vade retro, patrimoniale! Ecco perché è una proposta che non ha capo né coda

di Gianni GAMBAROTTA

Non è piaciuta questa storia della patrimoniale praticamente a nessuno. L’idea, come si sa, è stata lanciata una prima volta da Giuliano Amato, lo stesso che quando era al governo fece il prelievo blitz sui conti correnti di tutti gli italiani; poi, la settimana scorsa, è stata ripresa da Walter Veltroni che ne farà (si immagina) uno dei punti di forza della sua prossima campagna elettorale; infine, nei giorni scorsi, ne ha parlato in un’intervista al Corriere della Sera, Pellegrino Capaldo.

La sua proposta è articolata, studiata, approfondita: non per niente il professor Capaldo è una delle più (giustamente) stimate menti giuridiche italiane. Lui parla di tassare gli immobili, visto che circa l’80 per cento degli italiani abita in casa di proprietà. Questi beni, questi mattoni – è il punto di vista di Capaldo – hanno avuto nel corso degli anni una rivalutazione impressionante; talvolta il loro valore è decuplicato. Andiamo allora a colpire questa ricchezza, per certi versi immeritata, caduta dal cielo, così lo stato potrà incassare una cifra vicina agli 800-900 miliardi di euro. Il debito pubblico, ora al 120 per cento del pil, scenderà a quota 80 per cento, permettendo così di reimpostare una politica economica espansiva.

Sono molte le obiezioni che si possono muovere (e sono state mosse) a questo progetto. A parte quelle già dette nella rubrica della settimana scorsa, ce ne sono due che mi pare interessante riprendere e sottolineare. Anzitutto l’impianto che ha in mente Capaldo appare molto complesso per la macchina burocratica italiana. Abbiamo un catasto che non è un modello internazionale di efficienza e veridicità; i valori degli immobili sono spesso casuali, irrealistici. Questa imposta straordinaria rischia di colpire alla cieca, tassando chi già paga e risparmiando (o colpendo marginalmente) furbi e/o fortunati. Non possono essere questi i criteri cui si ricorre per una misura che dovrebbe reimpostare la vita economica di una nazione.

L’altra osservazione è contenuta in un commento di Francesco Giavazzi, editorialista del Corriere della Sera, interpellato sull’argomento dal Foglio di venerdì scorso. Una patrimoniale – non importa se mirata a colpire la ricchezza immobiliare o quella finanziaria – avrebbe comunque un effetto recessivo. “Se la famiglie hanno un certo target di ricchezza e si toglie una parte di questa ricchezza, che cosa faranno? – si chiede GiavazziRicominceranno a risparmiare per raggiungere di nuovo quell’obiettivo di ricchezza che si erano poste. E non bisogna essere keynesiani per sapere che un aumento del tasso di risparmio, determinando un’ulteriore caduta dei consumi, spingerebbe l’economia a scendere a picco“. Risultato: il rapporto debito pubblico rispetto al pil non cambierebbe perché diminuirebbe sì il numeratore (debito) ma anche il denominatore (pil). Dunque tutta l’operazione si rivelerebbe inutile.