Draghi? Troppo in gamba, meglio alla Bce che a Palazzo Chigi

di Gianni GAMBAROTTA

Non si conoscono ancora le ragioni che hanno spinto l’11 febbraio scorso Axel Weber a dimettersi dalla sua carica di Presidente della Bundesbank, l’istituto centrale tedesco, di gran lunga la più importante fra tutte le analoghe istituzioni europee. La decisione di lasciare è stata giustificata con “motivazioni personali”, ma alcuni autorevoli giornali tedeschi hanno parlato di divergenze fra il banchiere e il ministro delle Finanze, Wolfgang Schaeuble, e soprattutto con Angela Merkel, la Cancelliera che sta guidando il suo Paese con grande intelligenza ed eccellenti performance.

Qualunque sia stato il motivo, quello che conta è il risultato che ha prodotto e sta producendo e che riguarda molto da vicino le vicende di casa nostra. Weber, proprio in quanto presidente della Bundesbank, era in corso per succedere nel giugno prossimo al francese Claude Trichet alla guida della Banca centrale europea (Bce). Era anzi il candidato con maggiori probabilità di successo visto che rappresenta l’economia leader dell’Unione europea, il Paese che viene indicato come modello virtuoso e non solo sul scala continentale. La sua uscita dalla banca centrale tedesca lo toglie dalla corsa; anzi lui stesso, parlando con i giornalisti, ha spiegato di non aver interesse per quel ruolo e, in sovrapprezzo, il governo di Berlino ha detto di non voler candidare né lui, né alcun banchiere tedesco.

Dunque la rosa dei papabili è da rifare. Al momento il nome cui vengono attribuite le più solide possibilità di affermazione nella corsa, è quello di Mario Draghi, governatore della Banca d’Italia, ex direttore generale del ministero del Tesoro all’epoca delle grandi privatizzazioni, e molto apprezzato a livello internazionale anche nella sua funzione di presidente del Financial stability board.

Draghi ha qualche chance effettiva di riuscita perché l’Europa incomincia a guardare con una certa diffidenza a un’Unione totalmente di segno tedesco (con l’appoggio, più che altro ancellare, di una Francia che si comporta come se fosse importante quanto la Germania). Quindi un candidato percepito come diretta espressione del Cancellierato potrebbe incontrare serie opposizioni.

Draghi è giudicato un banchiere di assoluta esperienza e di primissimo livello professionale; l’aver militato anche nella Goldman Sachs lo rende gradito ai poteri forti della finanza che predicano il primato del marcato a tutti i costi. Se salisse lui ai vertici della Bce, argomentano i malpensanti, sarebbe comunque un presidente molto sensibile alle indicazioni del Paese guida, la virtuosa Germania, per farsi perdonare la sua appartenenza a un Paese peccatore (qui si parla solo di conti pubblici, e non di altro) qual è l’Italia.

L’ipotesi Draghi, inutile dirlo, ha una ricaduta sulle vicende interne italiane. Il governatore è stato ed è indicato come uno dei personaggi di spicco di quella cosiddetta riserva della Repubblica cui si potrebbe affidare l’incarico di costituire un governo tecnico nel caso la situazione politica diventasse ingestibile. E’ ovvio che la sua partenza verso Francoforte lo escluderebbe da questa partita. Con grande soddisfazioni per tutti quanti vedono in lui un candidato difficile da contrastare. Sarà un caso che il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, abbia subito dichiarato che appoggerà senza esitare la candidatura di Draghi alla Bce?