di Gianni GAMBAROTTA
Il titolo più forte è stato quello, lunedì mattina, di Repubblica: “WikiLeaks, tempesta sul mondo”. Soltanto un po’ più debole della dichiarazione (apparsa ai più un po’ fuori misura) del ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini, che aveva parlato di “un 11 settembre della diplomazia”. Comunque tutti i media hanno dato – ci mancherebbe altro – grande rilievo ai 250mila report messi on line dal sito di Julian Assange, che ha rivelato decenni di rapporti segreti (o per lo meno riservati) della diplomazia americana.
Le osservazioni da fare su quanto è successo sono essenzialmente due. La prima riguarda l’efficienza del sistema America. Come è possibile che quella che tuttora si considera (ed è considerata) la prima potenza del mondo sia attaccabile in una simile maniera da questo signore di 39 anni dall’aspetto un po’ stralunato che non si sa bene da dove venga? Come ha potuto avere tranquillamente accesso al sistema informatico del Dipartimento di Stato? Si dice: ha avuto l’appoggio di qualche insider contrario alla politica di Barack Obama, desideroso di screditarla. D’accordo. Ma questo qualcuno è stato libero di scorazzare per i computer del ministero degli Esteri statunitense mettendo in piazza la corrispondenza intercorsa per decenni (si parte dal 1966) con tutte le sue sedi diplomatiche in giro per il mondo. Questo è un colpo letale per la credibilità degli Stati Uniti, per la loro ambizione di restare il Paese leader del mondo. Da oggi la diplomazia americana è screditata. Pensiamo alle zone di tensione come l’Afghanistan o il Medio Oriente: con quale credibilità gli ambasciatori o emissari di vario tipo di Washington potranno interloquire con le diverse controparti? Chi li ascolterà e parlerà con loro sapendo che quanto viene detto potrà un domani essere comunicato ai quattro venti?
La seconda osservazione da fare è sul contenuto di questi 250mila file che giorno per giorno vengono messi sul sito. Potranno riservare rivelazioni eclatanti, certamente. Ma quello che si è visto finora, francamente, non è granché. E di nuovo getta un’ombra sull’efficienza della diplomazia americana. Ci vogliono davvero degli agenti segreti, degli specialisti per dire che Ahmadinejad è il nuovo Hitler? Che Sarkozy è arrogante e, in fondo, un pallone gonfiato? Che la Merkel è un po’ una signora tentenna? Che Berlusconi ha l’abitudine di passare serate in festini non proprio raccomandabili? Per avere queste informazioni, bastava leggere i giornali o abbonarsi a una rassegna stampa. Se questa è l’intelligence americana, si può fare un solo commento: Barack Obama deve tagliare le spese pubbliche per ridurre il deficit di bilancio. Potrebbe dare una bella sforbiciata anche qui.