Che gli ingegneri potessero prendersela con l’Univeristà nessuno l’avrebbe immaginato, eppure succede. La crisi economica sta lentamente passando, ma è evidente che qualche nervo scoperto lo abbia lasciato, così alla luce di quanto successo lo scorso 21 ottobre quando l’autorità di vigilanza ha dato il via libera agli atenei italiani di partecipare alle gare per l’affidamento di progettazione, non c’è da meravigliarsi che gli ingegneri, per bocca di Gianni Rolando, presidente del Consiglio nazionale degli ingegneri (Cni) siano insorti. “In una situazione di grave crisi economica che colpisce pesantemente anche il mondo delle professioni, è inaccettabile – tuona l’ing. Rolando – che un settore composto da migliaia di professionisti, fra ingegneri, architetti, geometri, geologi, periti, debba fare i conti con la concorrenza delle università, che devono invece accentrare tutti i loro sforzi verso la formazione”. Secondo il Cni, questa di concedere agli atenei la possibilità di partecipare alle gare per l’affidamento di progettazione, sarebbe una scelta che potrebbe incidere pesantemente sull’attività professionale che dovrebbe rimanere competenza di chi da sempre fornisce un servizio altamente qualificato, come appunto gli ingegneri professionisti. Inoltre per il presidente del Cni, Rolando, in questo modo si configurerebbe un caso di concorrenza sleale, dato che i liberi professionisti per esercitare il loro lavoro devono necessariamente sostenere ingenti costi e che per gli iscritti agli Ordini il lavoro professionale è l’unica fonte di sostentamento. Con questa interpretazione dell’autorità di vigilanza si potrebbe minare la (già precaria) solidità di un settore composto da chi ha sempre costituito l’ossatura portante della tecnica italiana applicata alle costruzioni. Secondo Gianni Rolando, “l’attività delle università in tutti i campi professionali dell’ingegneria si deve limitare alle consulenze di alto livello, senza minimamente interessare l’ambito professionale sia di progettazione che di direzione lavori e tantomeno di collaudo”.
Il grande bagaglio culturale delle università secondo il Cni non va confuso con l’esperienza e l’attività professionale. Insomma, sembra ovvio che in questa storia la giusta risoluzione che con un po’ di coscienza dovrebbe essere ricercata è che ognuno deve fare il suo mestiere. L’Università perciò torni ad insegnare, magari dando un taglio più pratico a programmi a volte troppo nozionistici e gli ingegneri continuino a progettare e a portare avanti con orgoglio la tradizione dell’ingegneria italiana.