L’Agia–Associazione Giovani Imprenditori Agricoli della Cia–Confederazione Italiana Agricoltori ha promosso ieri (17 novembre 2010) un incontro per affrontare il tema “2030: non c’è made in Italy senza aziende e giovani”. Da un confronto sulle organizzazioni imprenditoriali giovanili (Confindustria, Federalimentare, Cna, Confcommercio, Confartigianato, Confesercenti, Federalberghi-Cnga, Confapi, Federturismo), cercando di dare una risposta ai vari problemi che frenano l’ingresso delle nuove generazioni, è emerso che soltanto un giovane su tre che ha scelto per il suo futuro l’attività agricola riesce a fare impresa. Burocrazia, ostacoli fiscali, costi opprimenti, mancanza di agevolazioni per l’acquisto della terra e per il subentro in azienda, credito oneroso, nessuna spinta al ricambio generazionale. In agricoltura poi i giovani conduttori under 35 sono solo poco più del 3% e meno del 7% sono quelli under 40. Praticamente, solo 112mila aziende hanno un conduttore giovane.
Un confronto quello promosso dai Giovani Imprenditori Agricoli che è partito da una chiara considerazione di fondo: attualmente in Italia c’è poca competitività perché sono pochi i giovani che fanno impresa. I motivi? Molti e complessi. Prima di tutto, l’eccessivo e complicato carico burocratico che strangola la stessa capacità di fare impresa (lunghezza dei tempi di attesa per l’erogazione dei servizi, costi elevati, assenza o carenza di sinergia tra i vari uffici delle amministrazioni). Ad esso si aggiunge la mancanza di un credito agevolato. Ed è per questo che alle banche viene chiesto di guardare lontano, d’imparare a rischiare un poco del loro protetto patrimonio sui giovani in progetti a lungo termine, di diventare i nostri partner ideali nella scommessa di un made in Italy che possa finalmente guardare al futuro attraverso le idee imprenditoriali dei suoi giovani. AAA, giovani imprenditori cercansi…