Infoiva, il Quotidiano online delle Partite Iva, in collaborazione con il Dott. Alessandro Catania, docente universitario e temporary manager, ha provato ad indagare il fenomeno del Temporary Management, che da qualche tempo si sta diffondendo anche in Italia.
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Il Temporary Manager è un professionista che opera in modo temporaneo in progetti o mandati specifici vincolati dalla definizione e rispetto degli obiettivi (certi e misurabili), del ruolo, della funzione e degli ambiti di applicazione, del tempo (scadenza entro la quale portare a termine il mandato), dell’implementazione del progetto e, non ultimo, della sostenibilità e continuità dei risultati ottenuti. Al momento non è possibile stilare una classifica di aziende e di settori che maggiormente si avvalgono del temporary management, tuttavia, è possibile classificare le aree funzionali a maggior richiamo della figura dell’interim manager: Direzione Generale, Commerciale e Marketing, Produzione, Amministrazione, Risorse Umane, Information Technology, Ricerca e Sviluppo.
In Italia le prospettive sono delineate e circoscritte comunque da un quadro macroeconomico ancora poco rassicurante, almeno per i prossimi 12 – 18 mesi. Ma è proprio in momenti di crisi che la figura del manager in affitto è in crescita, certo non priva di rischi e di incertezze ed ostacoli.
Non volendo scoraggiare i colleghi che volessero intraprendere questa sfida, è bene comunque chiarire che si tratta di una scelta di vita e personale prima ancora che professionale. La scelta può essere anche condizionata dalla propria estromissione dall’azienda in cui si è lavorato, ma ciò non deve essere interpretato negativamente dal futuro temporary manager, viceversa è bene interpretarlo come un evento positivo di rinnovo radicale della propria professionalità. Innanzitutto bisogna vincere la diffidenza perpetrata ingiustamente e ciecamente dalle aziende e da alcuni imprenditori convinti che la mobilità sia dipendente dall’incapacità del manager e non dalla congiuntura economica negativa. In secondo luogo è necessario costantemente aggiornarsi professionalmente sugli ambiti funzionali cui voler operare, limitando le proprie scelte, non solo alle competenze sinora sviluppate, ma anche alle proprie aspirazioni e sogni professionali (non da sottovalutare, in questo caso, la componente personale delle pulsioni e motivazioni di autorealizzazione). Infine, ai futuri colleghi suggerisco un breve decalogo che a molti sembrerà banale o scontato, ma, a ben vedere, è frutto di considerazioni universali e personali che ciascuno di noi deve metabolizzare:
- Scegliere limitati ambiti applicativi;
- Associarsi ad organizzazioni di categoria;
- Investire sul proprio futuro in corsi di formazione ed aggiornamento professionale anche intraprendendo percorsi di certificazione (PMA, PMI, ecc.);
- Essere disponibili alla delocalizzazione temporanea (anche internazionale);
- Accettare la propria mobilità e incertezza contrattuale come fattore critico di successo, facendo della propria professione fonte della soddisfazione personale;
- Fare del proprio licenziamento (eventuale) non un’onta ma un momento di riposizionamento strategico della propria vita e indirizzarlo come atto di rinascita lavorativa, emotiva e personale;
- Potenziare le capacità comunicative, di leadership, di gestione della complessità e della conflittualità, di problem solving, di governance e di management;
- Garantire elevati standard di qualità personali per i propri clienti;
- Vivere ogni incarico come un progetto temporaneo e non come opportunità subordinata all’inserimento in organico o di perpetrare la conservazione del proprio ruolo;
- Essere capaci di vincere la diffidenza imprenditoriale e organizzativa.